Abbiamo seguito tutti con attenzione il lancio di Lords of the Fallen, dalla massiccia campagna pubblicitaria fino alla nostra naturale curiosità nel rivedere il marchio rilanciato a distanza di così tanti anni. Lords of the Fallen del 2014, sviluppato dai tedeschi di Deck13 era uno dei primi titoli che si inserì nel contesto dei soulslike cercando di emulare al meglio delle possibilità Più Demon’s che Dark Souls.
Il titolo ebbe una ricezione con giudizi estremamente opposti e gli stessi Deck13 negli anni successivi si dedicarono ad altro (i due The Surge), dunque il rilancio del marchio in un momento di forte proliferazione del genere e con forti proclami, non può far altro che destare e suscitare attenzione. Eccoci dunque con la nostra recensione di Lords of the Fallen, titolo estremamente sperimentale che guarda al passato come al futuro, faticando a trovare un giusto equilibrio.
I mondi oscuri di Lords of the Fallen
In più di un’occasione si è parlato di Elden Ring, Dark Souls e Demon’s Souls mentre assistevamo alle gloriose presentazioni del titolo e al netto di tutto, le potenzialità per tirar fuori dal cilindro un titolo più che buono vi erano tutte e bisogna comunque partire da una forte considerazione già in prima battuta: Lords of the Fallen globalmente è un gioco anche abbastanza godibile, ma a causare qualche grattacapo sono alcune meccaniche di gioco che compromettono il rapporto come l’esperienza per l’utente finale.
Tutto in Lords of the Fallen sembra richiamare estetica e stilemi dei titoli FromSoftware e questo comunque non è necessariamente un male. Tal paragone o semplice concetto base su cui costruirsi una radice di analisi alcune volte si scontra con chi vuole da un videogioco l’originalità totale, cosa assolutamente sbagliata e anche impossibile da ottenere. Lies of P, per fare un esempio, è un titolo estremamente solido e forte nell’esperienza di gioco e i richiami ad un certo signor Bloodborne sono palesi, ma riesce poi a costruirsi una sua struttura di gioco come narrativa. Il trampolino di lancio è il medesimo, ma è il tuffo quello a cui i giudici danno una valutazione.
Eccoci dunque attraversare i due mondi di Axiom e Umbral equipaggiati del nostro coraggio, della nostra arma e di una lanterna, la stessa che ci permetterà di cambiare mondo di gioco in particolari situazione. Umbral in tal senso si presenta come una versione oscura, macabra e decadente di una già non solare Axiom, in un contesto narrativo irto di violenza, morte e disperazione.
Meccaniche trasportatrici
Partiamo proprio da questa lanterna, fulcro di tantissimi aspetti di gioco come di meccaniche ben definite. L’utilizzo principale di questo oggetto ci permette di passare da un mondo all’altro, viaggio che siamo costretti a fare specialmente quando l’ambiente circostante non ci permette di proseguire verso il nostro obiettivo. Molto probabilmente passando ad Umbral, le mura o gli ostacoli davanti a noi, potrebbero svanire o viceversa, costruirsi davanti a noi ponti che prima non erano presenti.
Con un level design comunque soddisfacente nell’esplorazione, questa meccanica di attraversamento dei mondi, come anche della semplice finestra portatile per scovare cose altrimenti celate ai nostri occhi, ben presto mostra tutti i suoi limiti, in particolare quando si richiede di dover esaminare attentamente tutto il mondo circostante per capire se ci siamo lasciati qualcosa dietro e per qualcosa non parliamo di icone luminose lasciate lì per il nostro inventario, bensì i oggetti estremamente importanti, quasi necessari, per proseguire l’avventura. Serve tempo e attenzione dunque per esplorare il mondo di gioco, che sia Axiom o Umbral.
Estremamente interessante invece è la meccanica di uso degli oggetti da lancio che si sviluppa attraverso il valore dei proiettili o munizioni. Oltre la classica barra dei punti vita e della stamina, ci sarà una terza barra divisa in piccoli quadratini. Gli oggetti equipaggiati dunque sfrutteranno un quantitativo di quadratini predefinito per essere usati. Un piccolo sasso per attirare l’attenzione richiederà solo un’unità, mentre invece una granata incendiaria ne richiederà tre. Finita questa barra, sfruttare nuovamente quegli oggetti sarà impossibile, a meno che non raggiungere una Vestigia (al pari dei classici falò) oppure ricaricare la barra con una borsa di munizione (molto Remnant 2 questa cosa).
Una soluzione di gioco sicuramente interessante che riassetta e riorganizza l’esperienza di gioco, chiamando il videogiocatore a organizzare al meglio delle possibilità non solo le risorse, ma anche oggetti che in altri contesti ne avrebbe a disposizione per quanti ne ha raccolti.
Dentro e fuori dal mondo
I problemi di Lords of the Fallen comunque ci sono, sono evidenti, impossibile negarli e restituiscono purtroppo un sapore tra i più tediosi, infatti parte di questi difetti vanno oltre il semplice concetto di bug o slittamento dei personaggio (la capriola ha un serio problema di animazione che fa slittare il nostro personaggio sempre oltre le previsione di arrivo e fine dell’animazione) giacché tendono a rendere l’esperienza collettiva più frustrante del previsto.
Questi problemi si evincono con i classici bilanciamenti che non sempre risultano ottimizzati a dovere, specialmente in sede di boss o simili, oppure capita in più occasioni di non avere tempo a disposizione per riorganizzarsi e procedere oltre la curva e questo si ricollega alla necessità di dover osservare tutto due volte muniti di lanterna: per quanto sia un soulslike, in Lords of the Fallen molte volte manca il tempo di tirare un po’ il fiato.
Già nelle primissime fasi di gioco mi è capitato di essere braccato da almeno cinque o sei nemici attorno a me, mentre altri due sono posizionati su qualche struttura pronti a lanciarmi bombe incendiarie e mentre mi destreggio per eliminare tutti, appena giro l’angolo, speranzoso di trovare magari una Vestigia e riorganizzare tutto, ecco un nemico potentissimo, troppo, con cui perdo malamente e dover dunque ricominciare dall’ultimo checkpoint.
La morte dei soulslike è sempre stato un elemento per conosce il gioco e conoscere le nostre abilità con quella e l’altra build e anche per capire il pattern dei movimenti e azione dei nemici, ma in Lords of the Fallen, nonostante abbia dei boss esteticamente ispiratissimi, come tutta la mappa che comunque appare sì derivativa, ma molto viva nella decadenza che sta vivendo, ma tutto ciò passa attraverso troppi filtri e non arriva mai al videogiocatore e la morte non diviene mai strumento per conoscere o approfondire, ma solo una parola fine che da inizio ad un tedio non indifferente.
Macabra fascinazione
In chiusura non si può non segnalare i molteplici problemi di lock-on sul nemico che molte volte appare fin troppo ballerino, un level design come detto buono ma non eccelso e questo brutto vizio che tutti i nemici ti vedono anche se siete lontanissimi, in alcuni punti noi non abbiamo neanche la possibilità di capire chi abbiamo lì davanti che loro già si sono accorti di noi e ci corrono contro, armi spianate, in almeno una dozzina di unità. Un approccio sicuramente troppo bislacco, estremamente sperimentale nella sua forma finale, ma difficile da approcciarlo pienamente.
Però, come tutte le opere difettose, c’è un certo grado di fascinazione per tornare comunque a giocare il titolo. L’esperienza ha molteplici difetti, non è solidissima, ma regala buoni spunti di divertimento e di scorci estetici niente male. Peccato certo per tutto il resto.
La recensione in breve
Lords of the Fallen nel suo essere apertamente sperimentale nell'applicare meccaniche interessanti miste a stilemi classici del genere, se ne esce con un titolo un po' pasticciato sotto il profilo tecnico e delle meccaniche di gioco. Esteticamente godibilissimo e di gran presenza scenica, come tutte le opere difettose, non manca di avere un'aura di mistero e fascinazione che rende la permanenza in questo mondo decaduto comunque soddisfacente.
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Voto GamesEvolution