Quello degli oggetti magici, degli artefatti ancestrali, degli strumenti misteriosi pregni di un potere talmente sconfinato da riuscire a cambiare radicalmente la vita del personaggio di turno, è indubbiamente uno degli archetipi narrativi più antichi (e abusati) dell’intera storia dell’intrattenimento.
Sebbene sia possibile trovare alcuni esempi lampanti, addirittura, nell’Odissea di Omero o nel ciclo Arturiano, l’efficacia di questo espediente è rimasta pressoché intatta anche in tempi più moderni ponendo le basi per alcuni dei franchise più celebri di cinema, letteratura e videogiochi.
Anche Forspoken, il nuovo action/RPG open world prodotto da Square Enix e sviluppato da Luminous Production – studio interno al colosso nipponico che ha già collaborato alla realizzazione di Final Fantasy XV e che si appresta a debuttare con la sua prima opera originale – prende in prestito questo peculiare incipit narrativo, tentando di mescolare l’immaginario high fantasy tipico della più classica tradizione di Square Enix con una serie di tematiche leggermente più mature, come quella relativa al senso di appartenenza e all’autoaffermazione personale.
Una storia con del potenziale ma scritta in modo approssimativo
Frey Holland, la protagonista assoluta del titolo, è una ragazza orfana che non ha mai conosciuto i propri genitori dal momento che, già in tenerissima età, è stata abbandonata nei pressi dell’Holland Tunnel di New York (da cui, ovviamente, ha mutuato il cognome, ndR) e che cerca di rimanere a galla tra le affollate strade della Grande Mela camminando sul proverbiale filo sottile che separa il genio dalla sregolatezza.
Nonostante abbia conseguito con successo un diploma di studi e sia dotata di una spiccata brillantezza intellettiva, infatti, le condizioni sociali che si è trovata ad affrontare l’hanno fatta entrare in contatto con un giro di amicizie poco raccomandabili che, ben presto, si sono tradotte in svariati problemi con la legge.
Durante una serata particolarmente difficile dal punto di vista emotivo, Frey rinviene un bracciale dorato che scintilla di luce propria e che finisce per legarsi strettamente con il suo futuro oltre che, come potreste immaginare, con il suo avambraccio.
Il gioiello, opportunamente soprannominato Cuff, nasconde in realtà uno spirito senziente che guida la nostra protagonista attraverso un misterioso portale che collega il mondo che conosciamo a quello di Athia, un meraviglioso reame popolato da draghi e creature fantastiche ma che, a prima occhiata, sembra essere stato vittima di un cataclisma di mastodontiche proporzioni.
In breve, Frey e Cuff scopriranno che il territorio è stretto nella morsa della Rovina, un inspiegabile fenomeno climatico che ha devastato l’ecosistema di questo mondo e ha trasformato quasi tutti i suoi abitanti in fameliche creature assetate di sangue, a partire dalle quattro streghe Tantha, le potenti reggenti dei regni che compongono Athia le quali, improvvisamente, sembrano aver perso il lume della ragione.
Toccherà alla nostra coraggiosa eroina, coadiuvata dai notevoli poteri garantiti dal suo monile, fronteggiare l’implacabile minaccia della Rovina per garantire un futuro radioso agli ultimi superstiti di Athia.
Per quanto l’impianto narrativo di Forspoken possa apparire piuttosto interessante, almeno nella parte iniziale, suggerendo una sensibile deviazione dai canoni tipici dei prodotti di questo tipo, dobbiamo, ahinoi, constatare un’eccessiva approssimazione nell’approfondimento di molti degli argomenti che il team di Luminous ha deciso di trattare, che finiscono per risultare a volte solo accennati, a volte confusionari e a volte, semplicemente, incoerenti.
L’epilogo della storia, in particolar modo, è quanto di più frettoloso e tronco si possa immaginare, quasi del tutto privo di una conclusione soddisfacente per tutte le sotto trame che, via via, andranno a svilupparsi nel corso dell’avventura. La sgradevole sensazione è quella che, a un certo punto della creazione del gioco, lo studio abbia dovuto tirare i remi in barca in fretta e furia per qualche motivo, limitandosi a includere forzatamente un finale che potesse condurre ai titoli di coda, senza preoccuparsi di fornire le giuste spiegazioni al pubblico che, alla fine delle circa dodici ore necessarie a portare a termine la storia, si ritroverà con l’amaro in bocca. Un vero crimine, se consideriamo quanto affascinante sia, come sempre, questo tipo di immaginario.
Dal punto di vista artistico, infatti, Luminous ha saputo tratteggiare un setting abbastanza intrigante che avrebbe meritato una maggiore attenzione sotto il profilo narrativo per poter spiccare nell’affollato mercato degli RPG a mondo aperto. Athia è un decadente e marcescente ma che, chiaramente, un tempo era dotato di una ammaliante bellezza che ancora traspare nelle poche oasi ancora non piagate dalla furia della Rovina. È davvero un peccato doversi accontentare di immaginare cosa Forspoken sarebbe potuto essere, con un po’ di cura in più ai dettagli.
Magia e Parkour: cosa potrebbe andare storto?
Lievemente meglio il discorso relativo al gameplay che non si accontenta di proporre una classica digressione sul tema degli RPG a turni o sui più moderni Action/RPG bensì offre un’interpretazione del tutto personale del genere. Luminous Productions ha imbastito un impianto ludico alquanto gradevole che coniuga con successo un sistema di movimento fluido e adrenalinico con dei combattimenti a base di magia che nascondono più profondità di quanto fosse possibile preventivare.
Il primo affonda le proprie radici sulle doti da runner di Frey e garantisce al giocatore la possibilità di fare uso del cosiddetto ‘Parkour Magico’. Quest’ultimo consente alla protagonista di sfrecciare rapidissima tra le vaste distese del mondo di Athia, arrampicarsi sulle sue ripide pareti rocciose, effettuare repentini scatti per raggiungere piattaforme lontane (o per schivare i colpi in arrivo) o spiccare alti balzi per esplorare il mondo di gioco sfruttandone la notevole verticalità.
Purtroppo, però, la struttura dell’open world di Forspoken non è sufficientemente ricca di attività secondarie, segreti e curiosità da spingere l’utente a esplorarne gli anfratti più reconditi e l’eccessiva ripetitività dei dungeon opzionali spingerà, con ogni probabilità, anche il più incallito degli avventurieri a limitarsi a seguire il percorso principale senza lasciarsi trasportare dal gusto della scoperta.
Bene anche il sistema di combattimento che, come dicevamo, si basa sull’impiego delle diverse specializzazioni elementali della magia di Athia che spaziano dal controllo della terra a quello del fuoco, passando per quello dell’acqua e del fulmine. Ciascuna branca può vantare diverse tecniche magiche di attacco e supporto liberamente selezionabili tramite un comodo menu a ruota, nonché di poderosi incantesimi che possono provocare ingenti danni ad area dopo un breve tempo di caricamento.
C’è, ovviamente, anche la possibilità di potenziare le magie e di sbloccare nuovi sortilegi tramite il consueto skill tree in cui è possibile spendere i sudati punti esperienza ottenuti sul campo di battaglia per personalizzare lo stile di combattimento della nostra Frey.
La buona varietà di attacchi a disposizione del giocatore e l’assoluto dinamismo degli scontri, dunque, conferiscono alla nuova IP di Luminous Productions una una certa dose di divertimento, specie considerando che, nelle fasi avanzate, sarà necessario scegliere accuratamente quali attacchi usare contro determinati tipi di avversari, ma è bene segnalare che, anche sotto questo aspetto, esistono delle criticità che non consentono al titolo di fare il salto di qualità che probabilmente avrebbe meritato.
La schivata, per esempio, non è precisa a sufficienza da garantire sicurezza nelle fasi di lotta più concitate e costringe spesso il giocatore a incassare colpi anche pesanti che avrebbe anche saputo leggere correttamente mentre alcuni degli incantesimi, semplicemente, risultano parecchio meno divertenti da scatenare sui nemici rispetto agli altri. Anche in questo caso, con un po’ di attenzione in più ai dettagli, staremmo parlando di un prodotto di tutt’altra fattura.
Luminous Engine alla prova
Sotto l’aspetto tecnico, infine, Forspoken offre all’utenza la possibilità di scegliere tra le classiche due modalità di visualizzazione: qualità o performance. La prima rinuncia alla fluidità del frame-rate per offrire un maggiore conteggio di pixel mentre la seconda, al contrario, applica al gioco una risoluzione dinamica tarata verso il basso per perseguire l’ambito traguardo dei 60fps.
Il Luminous Engine, già visto all’opera in Final Fantasy XV, riesce a gestire tutto senza troppe difficoltà ma si notano ancora alcuni sporadici problemi nelle animazioni facciali e qualche incertezza di troppo nelle fasi più affollate su schermo.
Si tratta, comunque, di una presentazione tutto sommato gradevole che evidenzia, ancora una volta, come la nuova opera prodotta da Square Enix avesse tutte le carte in regola per ergersi a piccolo cult per gli appassionati ma che, invece, deve accontentarsi di raggiungere una timida sufficienza.
Conclusioni
In definitiva, Forspoken si presenta all'appuntamento con i giocatori come un'occasione mancata. Il notevole fascino di Athia viene, sfortunatamente, minato da una sceneggiatura eccessivamente sbrigativa e, in fin dei conti, meno originale di quanto fosse lecito aspettarsi. A dispetto di un gameplay che tutto sommato funziona in tutte le sue parti e di una direzione artistica abbastanza ispirata, la nuova IP di Luminous Productions risulta troppo poco curata per poter svettare nel marasma di action/RPG che sgomitano sugli scaffali fisici e digitali di PC e console.
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Voto ScreenWorld