È stato difficile scrivere questa piccola introduzione, cercando di capire quale possa essere il metodo migliore per parlare e dare un giudizio ad un titolo come God of War Ragnarök, senza trovare una via adeguata. Tutto sembrava fuori luogo, privo di contesto, un riempire parole e caratteri quando chi è qui a leggere vuole sapere esattamente come è stata l’esperienza con il titolo, un giudizio, un voto, pregi e difetti, novità introdotte e affini. Mai come in questa occasione la via migliore per raccontare God of War è essere diretti, dividere per scompartimenti, decostruire il nuovo titolo dei ragazzi di Santa Monia Studio per dare l’analisi più cristallina e chiara possibile.
Ecco quindi la recensione di God of War Ragnarök, assolutamente senza spoiler e se volete un approfondimento diretto, più discorsivo, vi rimandiamo all’articolo pubblicato sulle pagine di ScreenWorld.it.
Dove eravamo rimasti?
Dopo gli eventi del precedente capitolo e la morte di Baldur, il Fimbulwinter si abbatte su tutte le terre norrene. Questo freddo e glaciale inverno è il segno premonitore del Ragnarök, che significa la fine di tutto, qualcosa che spaventa sia Kratos che Atreus, ma al tempo stesso mette pensiero anche ad Odino che si dimostra più magnanimo del previsto. Egli vuole una tregua. Niente più sangue di divinità versato sulla fresca e bianca neve. Forse sarebbe meglio capire la natura del Ragnarök, evitarlo, ma Kratos ben ricorda la profezia vista anni prima a Jǫtunheimr , profezia che vede Atreus e Kratos protagonisti, con quest’ultimo morire ai piedi del figlio.
I giorni sono sempre più freddi e Kratos non riesce ad avere un rapporto amorevole con il figlio. Lo vede crescere, entrare nell’adolescenza, diventare un grande guerriero e padroneggiare la magia dei giganti abilmente. Lo sta perdendo forse ed esattamente come un classico rapporto padre e figlio, ci sono le crepe che si fanno sempre più profonde. Al carattere autoritario di Kratos si scontra la voglia di libertà, evasione e conoscenza di Atreus. Brutta bestia l’adolescenza, ancor di più quando il giovane mezzosangue sembra essere l’ago della bilancia dell’imminente guerra. Atreus con chi farà squadra? Con il burbero padre che non riesce ad aprire il suo cuore a nulla o alla splendente Asgard, luogo dove Odino gli permette di fare tutto ciò che vuole? Il dilemma ci accompagnerà fino all’inevitabile, ma spettacolare, epilogo con cui salutiamo definitivamente le avventure di Kratos e Atreus.
Un inizio glaciale
I primi momenti di God of War Ragnarök sono spiazzanti. Al netto dei continui attacchi che subiamo da Freya, in cerca di vendetta per l’uccisione del figlio, in termini di gameplay il gioco ci getta subito dentro l’azione, senza la possibilità di acclimatarci. I più curiosi cominceranno subito a riprendere confidenza con le armi del gioco, il Leviatano, le Lame del Caos e il fido Scudo scorgendo subito interessanti novità, per esempio la possibilità di caricare le armi di danno elementale con la pressione continua di un tasto. Anche senza un vero e proprio tutorial, capiamo sin da subito che il gioco non ha intenzione di fare sconti ai giocatori non navigati, giacché Ragnarök è un gioco consequenziale al precedente.
Trattandosi di una storia che volge alla conclusione, non c’è tempo materiale per le introduzioni o gli spiegoni (quello del precedente capitolo è presente e selezionabile dal menù principale) anche perché il Ragnarök è alle porte. Come detto dunque, le prime ore di gioco possono sembrare abbastanza spinose a causa di un’aspettativa errata. Pensiamo di tornare su queste terre con calma, vivere i momenti emozionali ed interiori di Kratos con tutte le sfumature del caso, invece siamo subito sotto pressione: bisogna correre, sconfiggere nemici, essere il più possibili brutali. Atreus è in pericolo, non c’è tempo da perdere.
Nuove abilità
C’è un altro aspetto assai particolare che si scorge durante le prime fasi di gioco: Kratos è molto più veloce e dinamico nelle battaglie. God of War non è e non è diventato un action stylish, assolutamente, ma molte battaglie si consumeranno in una manciata di secondi, mentre i nemici esploderanno davanti i colpi infuocati delle Lame del Caos o i fendenti glaciali del Leviatano. Il sistema delle abilità è stato totalmente rivisto, in parte rivoluzionato, avviluppandosi in parallelo con la raccolta delle rune da incastonare nelle armi, quelle che ci daranno la possibilità di attacchi speciali sia leggeri che pesanti. Questa volta Santa Monia Studio punta sull’esperienza che si accumula utilizzando particolari attacchi, dunque più utilizzeremo una particolare combo o attacco e più questo diventerà più performante e micidiale. L’esperienza accumulata negli scontri con i nemici servirà per sbloccare le diverse abilità in ogni ramo di ogni arma, così da ampliare il parco divertimenti e la possibilità di essere sempre più letali.
Il “premio” per affinare il più possibile un’abilità è quello di creare una sorta di potenziamento aureo su quell’abilità, dunque concretamente si parla di una sequela di decine e decine di bonus passivi che si possono applicare se ogni ramo di abilità completato. I bonus chiaramente riguardano l’aumento dei punti vita, del danno, della difesa o degli attacchi runici. Questo ci porta ad aprirci totalmente all’uso di ogni arma, per potenziarla sempre più, non solo in termini di statistiche e livello, bensì nell’uso della stessa, così da poter applicare questi bonus e creare la build migliore.
Uno zaino sempre pieno di oggetti
La gestione dell’inventario e dell’equipaggiamento è rimasta lo stesso, presentando anche qui le giuste ottimizzazioni: parte delle armature (busto, bracciali e cintura) saranno disponibili progredendo nella storia, anche se i pezzi migliori si trovano al completamento di missioni secondarie sempre inerenti alla trama, che non spezzano mai il ritmo e anzi, si servono di tutti quegli aspetti della mitologia norrena per sviluppare ancor di più il rapporto che c’è tra Kratos e Atreus, ma torneremo a breve a parlare dei due. l resto della gestione dell’equipaggiamento è identico al capitolo precedente, con le solite ottimizzazioni e piccole aggiunte. Va detto che in questo contesto, era lecito aspettarsi poche rivoluzioni, giacché i ragazzi di Santa Monica Studio sono consapevoli dell’ottimo combat system messo in piedi già nel 2018, dunque rivoluzionare questo o la stessa gestione dell’equipaggiamento o delle risorse sarebbe stato un azzardo troppo grande.
Saggio e funzionale dunque quello di riproporre in modo identico questa grammatica di gioco, aggiungendo tante piccole meccaniche in più, per esempio in Ragnarök abbiamo la possibilità di attingere a modifiche sia estetiche che di statistiche allo scudo, oppure avremo anche la possibilità di portarci dietro un ciondolo dove poter incastonare tanti altri piccoli bonus passivi e attivi, da creare direttamente nella solita fucina di Brok e Sindri. Insomma, ancor più dello scorso capitolo, la creazione della build non passa solo dall’armatura ottenuta e dalla caratteristiche, ma da un insieme più ampio di fattori, questi compresi.
Novità dietro ogni angolo
God of War Ragnarök è un gioco monumentale. La longevità è leggermente superiore al titolo precedente (circa 25 ore di gioco per finire la storia a cui aggiungerne altre 10 per completare tutte le missioni secondarie) ma complessivamente vi sembrerà di essere stati incollati allo schermo almeno per il doppio del tempo e questo avviene anche grazie ai continui colpi di scena che infestano le terre e i mondi norreni appena si svolta verso una strada secondaria. Non preoccupatevi, non faremo spoiler, ma è giusto alimentare le aspettative sottolineando come la narrazione di God of War Ragnarök sia incredibilmente forbita ed emozionante, con decine e decine di colpi di scena, tradimenti, azione e momenti di pura adrenalina che vi lasceranno a bocca aperta.
A questo mettiamoci anche la possibilità di controllare e combattere nei panni di Atreus in svariati momenti di gioco e della presenza di una nuova arma che equipaggerà Kratos. Inoltre è inevitabile quanto scontato dire che al netto dell’introduzione di decine e decine di personaggi, ognuno avrà un destino ben preciso. Vivete a pieni polmoni dunque la narrativa di God of War Ragnarök, non tanto per i colpi di scena o i costanti scontri interni, ma nel modo in cui si parte da un punto A e si arriva al punto B. Di mezzo c’è una serie di azioni, conseguenze, motivazioni, tutto è narrato in modo cristallino, convincente, senza mai lasciare dubbi o ripensamenti.
Una narrazione epica
Si accennava poco fa a Kratos e Atreus. Bene, riprendiamo quel discorso per sottolineare l’ovvio dicendo che i due sono il vero cuore pulsante di questa storia. God of War Ragnarök ripropone ancora una volta il delicato rapporto tra padre e figlio e l’arrivo del Ragnarök, la formazione di alleanze inaspettate, il far gravitare tutto attorno ad Atreus con lo stesso che si trova gli occhi di tutti perennemente puntati, forma una delicata e funzionale metafora sull’adolescenza che esplode e mette in evidenza la piccola bestia che c’è in Atreus, mentre dall’altra parte c’è un ex generale spartano che cerca di lasciarsi il passato alle spalle inutilmente e vede giorno dopo giorno il figlio allontanarsi. Mentre Atreus vuole essere visto, Kratos posiziona il ragazzo ancora dietro di sé durante le battaglie, ma lui vuole stare avanti, arco e freccia spianata contro il nemico, per dimostrare di essere diventato un valido guerriero. In God of War Ragnarök vedremo un Kratos crollare emotivamente in più di un’occasione, anche in virtù del fato nefasto che lo vede protagonista. Passo dopo passo, esattamente come Kratos, anche noi saremo lì a chiederci che senso ha prendere delle decisioni in questo gioco se tutto è stato già scritto. Abbiamo visto il termine ultimo delle avventure di Kratos e Atreus. Conoscendo la fine, si può parlare ancora di libero arbitrio? E se le profezie si potessero cambiare, pur sacrificando altro, cosa sceglieremo di fare?
Domande che Kratos si pone continuamente, mentre lo vediamo aprirsi in sogni onirici del passato, accarezzare un senso di gentilezza e di conforto che ha dovuto salutare da tanto, troppo tempo. Del Kratos di oggi è rimasto un ammasso di carne maciullata, stanca, dal passo pesante. Questo non è l’uomo che vorrebbe come padre per Atreus. Forse, anche se per poco tempo, c’è ancora la possibilità di cambiare e dedicarsi ad un abbraccio affettuoso al figlio. God of War Ragnarök ci ricorda, esattamente come già fecero le avventure di Kratos in Grecia, che gli errori dei padri ricadono inevitabilmente anche sui figli. Questo ha portato all’odio mortale tra Kratos e Zeus, rovesciando l’Olimpo e facendo proliferare il caos ovunque, e adesso questa piccola maledizione Kratos la vede replicare nei gesti verso il figlio, oggi più vicino a lui, domani troppo vicino alle false promesse delle divinità di Asgard.
Una furia brutale
God of War Ragnarök non è solo trama. È a tutti gli effetti una perfetta continuazione di quel God of War del 2018. Ragnarök è un secondo tempo iniettato di steroidi, con il regista che ha ascoltato i consigli dei fan, inserendo dunque più mid-boss, differenziandoli (combattere sempre lo stesso Troll non era certo molto divertente), rendendo le esecuzioni finali di Kratos più violente, ferali, cattive, da far scorrere sangue su tutto lo schermo e la varietà dei nemici è sicuramente molto più ampia, pur rimanendo nei limiti dei Regni presenti e già visitati nel capitolo precedente.
Difetti? Sicuramente, giochi perfetti non esistono e qui c’è da sottolineare una ingiustificata accelerazione narrativa nelle battute finali. Come già accennato, con l’introduzione della possibilità di controllare anche Atreus, il combat system diventa più ampio e stratificato, introducendo nuove collaborazioni con tanti e diversi compagni, ma questo trova poi una brusca interruzione nelle battute finali. La sensazione è quella che il gioco dovesse proseguire ancora per altre cinque o sette ore, tagliate in sede di revisione finale.
Un ritmo spezzato che ben si nota e che lascia presagire forse un utilizzo di questo materiale in un futuro DLC, mossa non eseguita con il precedente capitolo. Questo non vieta a Santa Monica Studio di regalarci più avanti un’ulteriore parentesi specifica di azione.
Un epilogo emozionale
Probabilmente si è detto tanto fino a questo punto e come si sarà già intuito, l’esperienza di queste settimane con God of War Ragnarök è stata delle più entusiasmanti. Dalle sorprese, alle nuove meccaniche di gioco, ai tanti collezionabili e sfide secondarie, fino allo spogliare Kratos di ogni emozione per ricostruirlo come uomo nuovo, senza tralasciare le inevitabili perdite che il gruppo subirà proseguendo nella storia.
God of War Ragnarök è stato un viaggio impressionante, un vero e proprio secondo tempo di un film che ci ha tenuto nel 2018 aggrappati al pad ad assaggiare questa rilettura forte ed audace. I ragazzi di Santa Monica Studio sono ripartiti da lì, per concludere questa storia e regalarci il saluto migliore di una delle icone PlayStation più feroci e viscerali di sempre.
La recensione in breve
God of War Ragnarök è un gioco sontuoso, grandissimo, entusiasmante e incredibilmente emotivo. Vi tremeranno i polsi alla fine di ogni scontro con un nemico mentre saggeremo la ferocia di Kratos in una battaglia finale da vivere fino all'ultimo sorso. Santa Monica Studio ottimizza ogni organo del gioco, aggiunge succose novità e rende il gameplay godibile ed appagante. Una degna conclusione che soddisferà tutti.
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Voto GamesEvolution