Il videogioco ha il potere di farci provare sensazioni che altrimenti potremmo non avere mai l’occasione di sentire. Videogiocare significa andare oltre i limiti fisici, sensoriali, etici di ciò che ci sta intorno. Significa sperimentare cose nuove, imparare a conoscere nuovi lati di noi stessi. Ma se esistesse un videogioco che invece di amplificare i nostri sensi li atrofizzasse? Se inserire dei forti limiti a ciò che vediamo e sentiamo diventasse una potenzialità per raccontarci nuove storie?
Nella recensione di Blind Fate: Edo no Yami parliamo un titolo ambizioso, prodotto di Troglobytes Games – casa di sviluppo italiana con sede in Spagna – e distribuito da 101XP. Troglobytes Game è stata fondata nel 2015, e nel suo curriculum figurano produzioni interessanti, come HyperParasite (che hanno sviluppato) e Ravenous Devils (che hanno seguito come editori).
Il giappone del retrofuturo
L’idea alla base di Blind Fate: Edo no Yami lega indissolubilmente gameplay e storia. Ci troviamo infatti nel Giappone di un futuro remoto, dove mitologia e tecnologie cyberpunk si sono fuse, e delle bestie meccaniche vengono considerate delle divinità. All’interno di questo mondo sono pochissimi gli esseri umani ad aver conservato le proprie parti organiche: protesi e sensori la fan da padroni.
È qui che entra in scena il nostro protagonista: attraverso un’introduzione in medias res scopriremo che ha perso tutti i suoi arti ed organi sensoriali. Ci ritroveremo di fronte ad uno scenario statico, caratterizzato da una pioggia immobile, per poi scoprire che Yami vede solo attraverso dei complessi sensori ed una memoria che immagazzina immagini.
Non si tratterà di un semplice espediente narrativo: durante la partita il giocatore “vedrà” solo attraverso i sensori di Yami. Potremo scegliere in ogni momento quale senso attivare (calore, olfatto, udito, memoria), ed il gioco ci spingerà fin da subito a selezionare con attenzione quello più utile alle circostanze. Utilizzare i giusti sensori sarà fondamentale per trovare la strada, scoprire indizi, identificare nemici e raccogliere dati aggiornati.
Niente sfida, niente intrigo
Per quanto riguarda il gameplay nudo e crudo, Blind Fate: Edo no Yami si presenta come un hack and slash a scorrimento orizzontale, con degli sfondi in 2.5D. Avremo a disposizione delle combo, e sarà presente un albero di abilità per ampliarne la durata e gli effetti. Purtroppo il sistema di combattimento è pieno di note dolenti. Primo punto in questa lista nera sono i comandi: abbastanza intuitivi ma soffrono di un input lag inaccettabile per questo genere di gioco. Spesso ci capiterà di finire in preda alla frustrazione a causa di un comando non riconosciuto in tempo. Perfino nei vari menu la navigazione risulterà inutilmente lenta e macchinosa.
Altro demerito riguarda i nemici. Non solo la loro varietà lascerà a desiderare – come il posizionamento, ma saranno anche privi di intelligenza, eseguendo a ripetizione sempre le stesse, limitate tipologie di attacchi. La noia nei combattimenti dei mob comuni giungerà presto, ad aggravare è anche l’impossibilità di saltarli. Un vero peccato, visto l’interessante sistema di sensori del nostro Yami, che ci permetterà di scovarli soltanto se sfruttato con cognizione di causa. Gravissimi difetti sono presenti anche per quanto riguarda i boss, che amplificano a dismisura le problematiche dei mob comuni. Spesso ci ritroveremo ad eseguire a ripetizione le stesse azioni per scalfire le loro enormi barre di vita, in un loop di monotonia e frustrazione causato dall’input lag dei comandi. Ciò è negativo anche per quanto riguarda il sistema di crescita: combo e power-ups saranno completamente inutili, e non verranno messe alla prova né abilità né logica del giocatore, che dovrà limitarsi a capire l’azione da ripetere fino alla fine della battaglia. Insomma, niente “boss-rompicapo” alla The Legend of Zelda, né “boss-sfida” alla Hollow Knight o Blasphemous.
Miti risonanti
Il punto forza dell’esperienza targata Troglobytes Game è sicuramente il comparto artistico. Tutti gli elementi di questo campo risultano ispirati e ben presentati: estetica cyberpunk ed atmosfera tradizionale giapponese vengono fuse perfettamente negli scenari. Ad amplificarle a dovere saranno presenti una colonna sonora poco variegata ma sicuramente piacevole, e delle cutscenes di intermezzo illustrate abilmente. Da plauso anche il doppiaggio: soprattutto quello in giapponese riesce a farci immergere appieno nell’atmosfera, ma anche quelli inglese è di tutto rispetto. Assente invece quello in italiano, che sarà sostituito dai sottotitoli.
Conclude il comparto artistico un retrogusto un po’ amaro, date le piccole e fastidiose sbavature presenti negli effetti sonori (soprattutto durante le finisher) e in alcune ombre queste ultime spesso appariranno e spariranno all’improvviso, dando vita a fastidiosi fenomeni di popping.
La recensione in breve
L'esperienza di Blind Fate: Edo no Yami è frustrante, ma non perché il gioco sia frustrante in sé. Frustrante è vedere e toccare con mano delle idee davvero interessanti, che sarebbero potute essere la base di un ottimo titolo, ma far esperienza pad alla mano di una realizzazione maldestra. Blind Fate: Edo no Yami non riesce a decidere che strada vuole prendere, se quella dell'ingegno o quella dell'abilità. Ci lascia con l'amaro in bocca, con la speranza che le sue ottime intuizioni ed il lodevole comparto artistico rinascano un giorno in una forma più coesa e definita. Blind Fate: Edo no Yami è un genio, ma con un occhio chiuso, che non gli permette di vedere in profondità.
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Voto GamesEvolution