Bisogna mettere subito le mani avanti con Lies of P, lasciando andare un po’ di pregiudizi che hanno accompagnato questo progetto sin dalle prime battute data la natura degli sviluppatori: ogni qual volta si parla di progetti di piccoli team coreani, 9 volte su 10 ci troviamo davanti sempre dei MMORPG o peggio dei MOBA tutti costruiti con la stessa pasta.
La natura da soulslike aveva destato interesse, le ispirazioni palesi da Bloodborne avevano destato attenzione e poi alla prova finale, il gioco si è dimostrato essere ben più solido e divertente di quanto ci si potesse mia aspettare. Eccoci dunque con la recensione di Lies of P, con un testo onesto, privo di bugie, che quelle hanno le gambe corte e il naso lungo.
Lies of P, tra Collodi e FromSoftware
Per quanto il tessuto narrativo di gran parte dei soulslike si costruisce spesso da narrazione indiretta come diretta, rileggere l’iconica opera di Pinocchio firmata da Carlo Collodi, che ricevere un palese tributo appena si comincia una nuova partita, era di suo un incentivo sicuramente non da sottovalutare.
Una città oscura presa dalla morsa di automi o meglio, burattini che grazie ad un potere energetico chiamato Ergo per anni hanno servito e lavorato assieme agli esseri umani. Adesso invece questi sono impazziti, mentre il genere umano è affetto da un morbo con tutti gli altri burattini che eliminano ogni creatura si muova nei vicoli della città di Krat.
Noi siamo il burattino creatore personalmente da Geppetto, risvegliato e pronto a combattere per risolvere il mistero attorno il morbo, riprendere contatto con nostro padre e assieme a lui salvare quello che rimane di quella realtà.
Una storia di spade ed else
L’approccio al gameplay di Lies of P è dei più classici: trattandosi di un soulslike, la modellazione dei nostri polpastrelli come delle mutevoli abilità si dovrà avviluppare al sistema di gioco, alla velocità di azione e reazione e iniziare il lungo percorso di scoperta del level design, dei nemici e di tutto ciò che la grammatica di gioco ci offre.
Al netto di un primissimo approccio che lascia parecchio sofferenti sul fronte velocità (i ricordi hanno tirato fuori i primissimi momenti con il primo Lords of the Fallen), l’attenzione si distoglie subito da questi primi momenti per il gran varietà di meccaniche con cui entrare in confidenza, alcune sicuramente succulenti e croccanti, come le abilità intrinseche di ogni arma e rispettiva elsa.
Andando avanti con il gioco, non so attingeremo ad un parco offensivo davvero notevole, sia per gusto estetico che per le meccaniche e relative abilità che potremo usare e scoprire ottenendo tante e diverse else, tutte da collezionare e da interscambiare in un secondo momento, dando vita a creazioni e modifiche di armi uniche. Coltelli o fioretti dalla gittata breve e singola, con l’elsa di un’arma lunga, cambiando totalmente aspetto come moveset, regalando una godibile varietà nell’approccio di gioco.
Attacco e difesa
In modo sicuramente non diverso da Sekiro, Lies of P tacitamente assimila il suo essere un souls con una natura estremamente limitata nei movimenti del nostro personaggio, e questo ne comporta una finestra di recupero da ogni schivata sempre troppo lungo, lasciando scoperti troppi angoli vulnerabili, motivo per cui siamo spesso portati ad usare tutto quello che riguarda le meccaniche di parata e l’uso della guardia, come il già citato uso delle abilità dell’elsa.
Dalla possibilità di colpire il nemico in punti specifici e dunque rompere la guardia a cui potremo eseguire un colpo caricato, così da procurare danni enormi, fino alla possibilità di “rispondere” agli attacchi caricati dei nemici, quelli comunemente annunciati da un’aura rossa che avvolge il nemico, proprio con degli attacchi speciali dell’elsa che fungono da spezza guardia totale. Piccoli pesi che ci vengono dati a cui sta a noi posizionarli nella parte giusta della bilancia.
Altro aspetto di grande sperimentazione è il braccio meccanico di Pinocchio e sì, per quanto Sekiro torni prepotente, le diverse applicazioni che siano difensive, che offensive o di supporto, sono estremamente gustose per tentare ogni strada e capire qualche gadget può essere più utile al nostro stile di gioco.
Dal braccio dedito al lancio di un rampino per avvicinare i nemici in pieno cosplay di Scorpion di Mortal Kombat, al braccio che si erge a scudo difensivo a quello che sputa fuoco, Lies of P vi stupirà nel modo in cui sarà capace di farvi ribaltare le vostre idee più offensive, facendovi trovare estremamente utile una mode al braccio che si dedica al supporto, quasi come a bilanciare altri attributi in modi diversi dalla semplice distribuzione di punti esperienza.
Un macabro poster
Se proprio c’è da trovare un “difetto” in questa produzione che comunque sin da subito dimostra di essere fortemente ispirata, forte e con un’identità ferrea è che questa magia perde smalto e lucidità dopo diverse ore di gioco.
Il level design delle mappe è buono, ma non eccellente, dimostrando spesso un eccesso di pomposità nel portare inutilmente alcuni orizzonti più in là, di contro invece in alcuni momenti si palesa una zona di gioco che parrebbe essere tanto grande, per poi rivelarsi estremamente più piccola. Non sono difetti generici da attribuire ad una pigrizia o estrema fiducia nelle capacità, ma è come se ci trovassimo a leggere una pagina di un romanzo in una prosa pulita, precisa e godibile su stile Moravia e poi girare pagina e trovare di colpo una prosa firmata da Trilussa; entrambe sono belle da leggere, ma si evince una differenza di stile e struttura che è fin troppo palese.
L’ultima portata sono i boss che ho trovato decisamente interessanti. Esteticamente curati, spigolosi, capaci di offrire un livello di sfida interessante, mai estremamente difficili, trovando invece la strada che porta ed essi più difficile di tanti e diversi nemici piuttosto che il boss finale, ma è la classica ciliegina sulla torta che ci porta poi a tornare all’albergo, rifugio di tutti i superstiti, per riorganizzare il gioco, la build, l’equipaggiamento e partire verso l’obiettivo successivo.
Un ottimo gioco? Sicuramente, che pecca comunque di evidenti limiti produttivi del team – come di esperienza – nel riuscire a rendere coese e funzionali tutti gli aspetti e le meccaniche di gioco, ma per il team che c’è dietro, le risorse, il tempo di lavoro e la passione, il risultato di Lies of P è senza ombra di dubbio superlativo.
La recensione in breve
Ce ne fossero di giochi così compatti e riusciti da team piccoli e senza esperienza. Lies of P si è dimostrato un titolo certamente non privo di difetti e fin troppo ispirato da giochi molto più grandi, ma la struttura è forte, le meccaniche funzionano e la grammatica di gioco è appagante. Impossibile non lasciarsi andare davanti ad un risultato del genere.
-
Voto GamesEvolution