Che strano destino per Pharaoh. Per quanto qualcuno possa negare questa affermazione, o magari decontestualizzarla per avvilupparla su altre situazioni, penso siamo tutti d’accordo che stiamo vivendo un periodo storico abbastanza particolare per i videogiochi, dove alcuni remake hanno finestre di esposizione e copertura maggiorate se messe a confronto di qualunque gioco veramente nuovo.
In questa recensione di Pharaoh: A New Era, andremo a scoprire un grande classico a cui quei pazzi scatenati di DotEmu hanno deciso di togliere la sabbia sotto il sole e far tornare a sorgere e splendere sulle rive del Nilo, uno dei gestionali city builder più apprezzati nel tempo.
Pharaoh: A New Era, per volere di Osiride
Da natura di city builder, c’è davvero poco da narrare attorno le missioni di Pharaoh. Gli obiettivi sono di varia natura e tutti convergono sempre sulla riuscita di aspetti civili, economici e sociali della popolazione egizia e relativo centro abitativo che andremo a costruire sulle sponde del Nilo. Le meccaniche dunque saranno le medesime di altre titoli dello stesso calibro, con la costruzione di strade ed edifici – con tutte le facilitazioni come indicazioni su come e dove costruire bene quello o l’altro edificio – senza dimenticare alloggi per la popolazione, bazar, un sistema di vigilanza e soccorso e la solita cacciagione.
Altre missioni invece volgono lo sguardo e diretto occhiolino a giocatori estremamente più appassionati del genere, con obiettivi che facilmente possono rubare anche diverse ore per arrivare alla loro naturale conclusione, e la vittoria non è quasi sempre assicurata al primo tentativo. Faremo errori nella gestione delle risorse, è inevitabile, ma la conoscenza di questo ci porterà nuove consapevolezze nel ritentare successivamente.
Ammodernamento intelligente
Tra remake e remastered, l’approccio estetico di Pharaoh rimanda con nostalgia all’originale del 1999, pur non snaturando quel feeling visivo da gioco che si porta dietro più di due decadi sul groppone. Come le vecchie piramidi o sfingi che andremo a costruire, l’operazione estetica di Pharaoh viene dal cuore, non rovina mai il ricordo dell’originale, anzi ne amplifica i sentimenti.
Le stesse modifiche apportate da DotEmu sono minimali e facilmente criticabili: per esempio per tutta la durata del gioco difficilmente si prende confidenza con il menù di selezioni inserito sulla parte destra dello schermo. La regola non scritta vuole il menù sempre in basso e icone ben riconoscibili, ma la rielaborazione laterale regala un effetto posticcio, dove l’occhio difficilmente si abitua a questa inedita soluzione di posizione.
Chiaramente una piccolezza, ma nonostante le ore, la difficoltà a riconoscere al primo colpo alcune icone non è svanita, con una diretta confusione o controlli ripetuti di cosa si va a cliccare e/o costruire sulla mappa.
Divinità benevole
Come ogni gestionale di questo calibro, i favori come le ire delle divinità sono un gran divertimento, anch’esse inseriti come obiettivi da perseguire o meno, anche nello scontro con altre civiltà oltre il Nilo, e generalmente questo segnala anche l’ottima longevità intrinseca del pacchetto di gioco di Pharaoh, che nonostante gli anni e gli ammodernamenti dedicati, risulta essere un city builder solido, un remake fedele, che glorifica il passato come l’originale, attanagliato da qualche sporadico bug, ma niente che possa rovinare l’esperienza generale.
La recensione in breve
Pharaoh: A New Era è un remake fedele che ammoderna uno dei più famosi e storici city builder a sfondo egizio, tanto da diventare un cult negli anni. Il lavoro di ammodernamento è più che buono, restituendo ottime sensazioni, una grammatica di gioco soddisfacente e una longevità quasi infinità. Qualche sporadico bug non macchia un lavoro complessivamente molto buono.
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Voto GamesEvolution