Il decorato capitolo di DOOM lanciato nel 2016 ha fatto comprendere all’industria videoludica che a volte l’azione sovrasta in toto la necessità di una storia avvincente. Certi titoli non necessitano di momenti strappalacrime o vicende articolate per attirare i giocatori, specialmente i boomer shooter e i loro eredi come, appunto, DOOM, arrivando fino ai più moderni progetti come DUSK o Project Warlock. In questi casi specifici a conquistare il pubblico sono nemici indiavolati dal design tanto semplice quanto folle, ambienti onirici e combattimenti rapidi.
Shadow Warrior è una serie che ora sta vivendo una nuova era dopo il reboot del 2013 firmato Flying Wild Hog, e ha raggiunto il terzo capitolo: come si presenta? Vediamolo assieme nella recensione di Shadow Warrior 3 Definitive Edition.
Caos e ironia
Shadow Warrior 3 riprende le vicissitudini seguenti al secondo capitolo, giusto per mantenere una coerenza di fondo, e chiarisce subito che la tradizione è destinata a non invecchiare mai: il fulcro dell’esperienza è l’azione. Lo Wang è il protagonista della vicenda, caduto in depressione dopo avere fallito il primo tentativo di sconfiggere un gigantesco dragone responsabile della distruzione della città. In un mondo dalla popolazione decimata, Wang viene spinto a redimersi dall’ex arcinemesi Orochi Zilla, chiedendo l’aiuto della strega Motoko e sfruttando l’energia residua nella maschera di Hoji, demone al quale Wang è legato sin dal primo capitolo.
La storia si rivela rapidamente banale e condita da un’accozzaglia di battute a volte divertenti ma, purtroppo, prevalentemente banali, trite e ritrite. L’umorismo basato su giochi di parole, riferimenti ai peti e insulti spiccioli rende le numerose cutscene, contenenti elementi essenziali al fine di seguire la narrazione, è insipido e fa perdere completamente l’interesse per l’intera vicenda.
Considerata la lunghezza delle porzioni cinematiche, che peraltro soffrono di lag anche su un PC piuttosto performante, diventa inevitabile saltarle e rendere Shadow Warrior 3 un titolo della durata di appena 4-5 ore. Si sale a circa 6-7 ore se si procede con maggiore cautela e si desidera seguire integralmente la storia. Senza alcuno stimolo a rimanere al passo con Lo Wang, Zilla e le loro chiacchiere, tutto ciò che resta sono le battaglie.
Azione a ritmi vertiginosi
Per evitare la fine del mondo Lo Wang si affida alla sua fedelissima katana e a un arsenale non indifferente, seppur contenuto. Tra revolver e lanciagranate, l’ex bodyguard affronta ondate di creature bizzarre su arene sospese nello spazio e nel tempo alla velocità della luce, e la bellezza di Shadow Warrior 3 è proprio questa. Chi ha amato DOOM Eternal si sentirà a casa, poiché le arene sono sufficientemente articolate affinché non manchi la necessità di essere veloci e sempre all’erta.
Inizialmente potrebbero apparire eccessivamente banali; da circa metà campagna, però, l’impressione migliora nettamente grazie a scenari su più livelli dalla struttura mutevole, ostici da superare ad alte difficoltà. Generalmente, il ritmo rimane vertiginoso e non si trova un attimo per respirare, soprattutto verso l’endgame. Tutti i pensieri negativi accumulati durante la giornata se ne vanno di fronte a livelli così ricchi di violenza, sangue e creature fin troppo resistenti ai nostri colpi.
Doppi salti, anelli dai quali oscillare e trappole aiutano ad avere la meglio sui demoni, squisitamente variegati nel design e nelle loro abilità. Questi possono essere oltretutto abbattuti in un batter di ciglia grazie alle Finisher, con cui si attivano i bonus offerti dalle stesse creature. Si possono raddoppiare i punti vita, ottenere martelli colossali e micidiali, occhi-shuriken a ricerca, o anche frammenti di ghiaccio per congelare i nemici più pericolosi. Ancora, percorrendo le mappe lineari ed esplorando i pochi spazi nascosti a disposizione si ottengono sfere per potenziare Lo Wang e le sue armi, rendendo più agevole l’eliminazione degli avversari.
Il risultato raggiunto da Flying Wild Hog è chiaramente stimolante e impegnativo. Sequenze di colpi di pistola, raffiche di mitragliatrice e rapidi movimenti della katana dopo un’ora di gioco diventano un mantra e, a dirla tutta, è difficile staccarsi da Shadow Warrior 3 se si gradisce l’azione proposta.
Frenesia standardizzata
L’approccio degli sviluppatori contiene però dei “ma” non indifferenti: nelle quattro ore e mezza circa a me necessarie per concludere questo bizzarro capitolo della vita di Lo Wang non ho percepito alcuna autentica novità. Shadow Warrior 3 bilancia frazioni di platforming e arene frenetiche in maniera sufficiente, adagiandosi sugli standard già fissati in precedenza.
Sia chiaro, non è realizzato male: al netto dei momenti di debolezza all’avvio delle cutscene, Shadow Warrior 3 ci fa immergere in ambientazioni fantastiche realizzate con molta cura, e ci fa smembrare demoni come si deve, rendendo il comparto grafico ben lontano dalla mediocrità. In quest’ultima cade invece la componente sonora, della quale spicca la colonna sonora di Maciej Kulesza ispirata in alcuni casi alla musica tradizionale vietnamita, mescolata sapientemente a suoni moderni per ottenere un incrocio con la portentosa musica presente nel reboot di DOOM.
Tutte le armi sono utili e piacevoli da utilizzare, restituiscono un’ottima sensazione e sembrano molto incisive. Gli aggiornamenti offerti dalle sfere di potenziamento, tra cui munizioni extra e rallentamento del tempo quando si carica la rail gun, risultano molto utili ma non includono modalità di fuoco alternative. Per tale ragione, l’arsenale diventa obsoleto in relativamente poco tempo.
Ad aggiungersi alle criticità del titolo sono la brevità delle sezioni platform che separano gli ottimi combattimenti,e l’assenza di ambienti da esplorare con una libertà – e complessità – più vicina a quella vista in DOOM Eternal. Shadow Warrior 3 si avvicina evidentemente difatti all’ultimo gioco firmato id Software, cercando un suo appeal ma offrendo infine un’avventura meno succosa, stereotipata e troppo simile all’esperienza con il Doom Slayer.
Maggiore rigiocabilità
Un altro difetto di Shadow Warrior 3 è la sua durata, al quale Flying Wild Hog ha cercato di rimediare introducendo New Game+, modalità Survival e modalità Hardcore nella Definitive Edition. La vera gemma è la seconda novità, grazie alla quale potremo sfidare il tempo e i demoni in arene inedite, decisamente più complesse e ricche rispetto a quelle della campagna. L’esperienza Survival/Arena è suddivisa in round, all’inizio dei quali dovremo scegliere tra armi da aggiungere al nostro kit e potenziamenti di vario genere. Con le giuste abilità una partita può durare in eterno e intrattenere molto più a lungo della storia in sé.
La modalità NG+ non si rivela così entusiasmante, data la banalità della campagna; al contrario, la sfida aggiuntiva offerta dalla vita singola potrebbe convincere gli amanti dell’azione a ripercorrere la storia di Lo Wang.
La recensione in breve
La violenza gratuita di Shadow Warrior 3 sa divertire, ma risulta stantia. L’ispirazione allo standard posto da DOOM Eternal è evidente, eppure l’avventura di Lo Wang appare meno potente e non riesce a pieno a materializzare il connubio tra fasi platform e arena. Per quanto i combattimenti siano ipnotici, essi non riescono a salvare il titolo dal rischio di cadere nel dimenticatoio. A migliorare la situazione è proprio la Definitive Edition con l’inedita modalità Arena, che riesce con successo a garantire più longevità.
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Voto GamesEvolution