Scrivere un libro dopo aver pubblicato un best seller non è mai cosa facile. Replicare il successo diventa molto più difficile quando alle spalle hai due opere che hanno segnato un genere, e tutti gli occhi sono puntati su di te. Sono queste le premesse dietro alla fondazione di Jumpship, nuova casa di sviluppo del co-fondatore di Playdead Dino Patti (Limbo, Inside). Dopo ben sei anni, finalmente possiamo trovare come gioco su Game Pass Somerville, avventura dinamica caratterizzata da enigmi ambientali e una narrativa silenziosa ormai tipica del genere. Analizziamola dunque insieme in questa recensione di Somerville.
La guerra dei mondi
Somerville ha inizio in una piccola villa in campagna. La prima immagine che ci viene mostrata è quella di una famiglia formata da un padre, una madre e una bambina. Sarà proprio questo il primo personaggio che interpreteremo noi giocatori, e ci fornirà un primo sguardo veloce della casa. Non muoveremo i suoi fili a lungo, però: inizieranno a sentirsi forti boati e vibrazioni, segnali che qualcosa là fuori non va. Ben presto i genitori verranno svegliati, e prenderemo il controllo del protagonista, ovvero il padre. Spaventati dal subbuglio e da misteriosi obelischi che cadono dal cielo ci rifugeremo giù in cantina, che però non sarà comunque un luogo sicuro. Uno squarcio si aprirà nelle travi del soffitto, e da lì spunterà un essere con sembianze umane, in fin di vita. Il contatto con il nostro personaggio causerà un’esplosione, che lo metterà ko. Madre e bambina, credendoci morti, fuggiranno. Ma ci risveglieremo, e lo faremo con una strana luminescenza nel braccio, che scopriremo essere un potere molto utile per riunirci alla nostra famiglia.
Un Mitchell contro le macchine
Il gameplay vero e proprio avrà principio dopo questa breve introduzione. Non sappiamo quanto tempo sia passato dal nostro contatto alieno, ma siamo certi di una cosa: il mondo è stato completamente sconquassato da un’invasione aliena. Il panorama è pieno di obelischi, strani esseri sferoidali rotolano in giro e altrettanti esseri pattugliano la zona con delle luci. Come in Inside, ci troviamo di fronte a enigmi ambientali, che questa volta potremo risolvere con l’ingegno e prendendo domestichezza con il nostro potere luminescente. Potere luminescente che, a contatto con la luce elettrica, ci permetterà di ridurre in forma liquida uno strano materiale alieno, che ormai è presente un po’ dappertutto e che ci sbarra la strada.
Una differenza fondamentale con le precedenti avventure a cui ha collaborato Dino Patti, ma anche con altri videogiochi del genere, è che il nostro personaggio si muoverà da destra verso sinistra, e non viceversa. Questo elemento, unito alle inquadrature fisse e allo scenario in 2.5D, ci fornirà un senso di vaga confusione e straniamento, che ben si sposa con i temi trattati da Somerville.
Cinematografico, coinvolgente, ma imperfetto
Purtroppo, però, se la parte logica di risoluzione degli enigmi risulta tutto sommato piacevole, lo stesso non si può dire dell’interazione. Troppo spesso ci capiterà infatti di avere la giusta intuizione, ma di non riuscire a metterla in pratica. In poche parole, non sarà facile trovare l’angolazione giusta per interagire con un dato oggetto: dovremo essere precisi al millimetro, pena il nulla cosmico. Più di una volta ci è capitato di capire perfettamente cosa bisognava fare, ma di non riuscire a metterlo in pratica tanto da arrivare a rinunciare all’idea. È davvero un peccato avere problematiche di questo tipo, perché non sarebbe stato difficile affinare un po’ il sistema, agevolando così l’immersività dell’esperienza.
Parlando di immersività il lavoro di Jumpship, per quanto riguarda inquadrature, palette visiva e in generale comparto visivo e sonoro è di altissima qualità. I colori smunti, tendenti al grigio, le forme spigolose, accompagnate da un sound design crudo e inquietante riescono a catapultarci perfettamente all’interno delle vicende. Anche la narrativa silenziosa, tipica di opere del genere, ha un’ottima comunicazione con il giocatore.
Una narrativa che non riesce a trovare i suoi ritmi
Bisogna però aggiungere una cosa che si può notare solo dopo aver vissuto per intero una run all’interno dell’opera. Somerville dura troppo poco. Attenzione, però: non lo diciamo perché sostenitori della longhezza a priori. Quindi, premesso che non ha senso mettere sullo stesso piano lunghezza e qualità, possiamo però dire che Somerville avrebbe beneficiato di un po’ di spazio in più in funzione di un migliore sviluppo narrativo. Delle circa tre ore di gioco necessarie a completare la partita, circa un terzo verrà infatti dedicato alla sezione narrativa finale (che ovviamente non siamo qui a spoilerare). L’impressione è che la storia a un certo punto prenda un’innaturale accelerata, rotolando sempre più velocemente verso i titoli di coda.
La recensione in breve
Somerville pone sul piatto una narrativa interessante, arricchita da un comparto artistico molto ispirato e ad un buon design degli enigmi. L'opera però si scontra con una serie di problemi che minano l'esperienza: prima tra tutti l'interazione imprecisa con gli elementi dell'ambiente, accompagnata da dei ritmi di narrazione non ben bilanciati. Un peccato, visti i temi trattati e le ottime intuizioni artistiche che ci sono dietro.
-
Voto GamesEvolution