Non c’è un approccio giusto per parlare di Starfield. L’opera di Bethesda, la prima nuova manovra narrativa a distanza di quasi due decadi, abbandona il fantasy di The Elder Scrolls e il post apocalittico di Fallout per regalare un contesto spaziale, misterioso e dalle possibilità esplorative sulla carta impressionante.
Arrivato a noi e dopo aver attraversato anni luce di galassie, pianeti e sistemi vicini, possiamo dirvi come è stato il nostro viaggio tra le stelle, alla ricerca di misteri galattici, combattimenti spaziali e semplici compiti da postino. Insomma, quella che troverete qui sotto è la nostra recensione di Starfield.
Starfield, una trama semplice, ma decisa
Prendiamo subito i comandi del classico nuovo arrivato in una colonia di minatori, pronti ad affrontare la classica giornata di lavoro, intascare qualche credito, spenderne una manciata in un bar a fine turno e chiudere così questa giornata, ma il destino ha in serbo qualcosa di più per noi, ovvero una grotta scoperta poco prima, la richiesta di andare ad indagare e il ritrovamento di uno strano oggetto.
Al tocco saremo investiti da una visione criptica, luci, suoni, bagliori biancastri e sinistri. Questo metterà in moto una sequela di azioni che ci porterà alla ricerca di altri di questi misteriosi oggetti, di natura sconosciuta, che potrebbero essere la chiave per risolvere un mistero spaziale o meglio, dare risposta alla domanda più importante e solenne tra tutte, quella che il genere umano cerca da sempre, tanto da spingersi sempre più in là con l’esplorazione spaziale e forse, il momento della verità è giunto.
Un approccio vecchio stampo
Devo ammetterlo, ho particolarmente apprezzato quelle che sono all’incirca le prime due ore di gioco, con lo stesso Starfield che ti prende per mano in questa avventura e ti ci immerge con calma, senza fretta, non facendosi mancare un po’ di esplorazione e fasi di combattimento già in prima base, il giusto per farti capire subito di che pasta è fatto il nuovo titolo Bethesda.
Dunque minutaggio ed eventi alla mano, ci troviamo subito un assaggio delle meccanica di raccolta risorse, poi combattimento con bocche da fuoco letali contro pirati spaziali per poi dare loro il colpo di grazia nello spazio, con un combattimento spaziale armati della velocità e potenza di fuoco della nostra navicella, per poi atterrare su Nuova Atlantide e cominciare a saggiare il grado di espansione delle città situate in ogni pianeta civilizzato.
Questo è Starfield che al netto dei tanti e inutili paragoni con altri titoli, ha forse molto di più da spartire con Fallout che con il sempre citato Skyrim, proprio per l’approccio al mondo di gioco, come delle risorse, i tanti personaggi con cui interagire e la stessa gestione delle quest. Un approccio più metodico, costruito su linee di dialogo, missioni che arricchiscono questo mondo per renderlo non solo vivo, ma pieno di cose da fare. Questo rispecchia una filosofia estremamente umana: il lavoro nobilita l’uomo e lo rende parte attiva del tessuto narrativo, che sia eseguirlo che donarlo.
Esplorazione e limiti
In molti lo hanno sottolineato e non possiamo fare altro che condividere questo approccio, sicuramente difettoso, ma comunque pregno di un certo fascino. Contrariamente ad un The Elder Scrolls o un Fallout, l’esplorazione di questa e l’altra galassia in Starfield ha dei limiti da non sottovalutare.
I pianeti sono esplorabili solo in una porzione, mai piccola o troppo grande, ma giusta per regalare una soddisfazione sul fronte della scoperta o della curiosità di superare quella montagnola lontana, ma appena arrivati in orbita, la navigazione spaziale è ridotta in quella zona di azione, dove magari possiamo entrare in contatto con nuove navicelle o intraprendere battaglie con pirati spaziali e saccheggiarne il bottino.
In tutto ciò dunque, la destinazione di questo o l’altro pianeta si può effettuare in modo secco e diretto esclusivamente con il viaggio rapido e sempre e solo conoscendo determinati luoghi di interesse di quel pianeta. Non abbiamo la necessità di mettere a paragone Starfield con altri titoli, ma senza ombra di dubbio sul fronte della comunicazione, quella di un universo interamente esplorabile era sempre tirato in ballo con le pinze, a buona ragione, ma indubbiamente c’è un po’ di amaro in bocca che rimane sedimentato tra un dente e l’altro.
C’è però l’altra faccia della medaglia: questo approccio a compartimenti stagni regno comunque la fruizione dell’opera più ordinata, pulita, consapevole che sul pianeta X abbiamo portato a termine ogni tipo di missione, attività o ricerca. Inoltre che sia una sessione di pochi minuti o qualche paio di ore, appena chiusa l’applicazione, conterete il tempo che vi divide dalla prossima sessione di gioco, perché sono proprio questi difetti a sottolineare quanto dietro Starfield ci sia un approccio e uno studio ludico ben impostato.
Un difetto che i giochi Bethesda si porta dietro ormai da anni, che diviene quasi un marchio di fabbrica, continua a non trovare il nostro abbraccio collettivo: l’esplorazione porta il più delle volte ad avanzare una quest che ancora non abbiamo accettato. Ci troviamo dunque in media res di un’avventura secondaria di cui non sapremo mai il suo committente se non alla fine di questa. Un’interruzione narrativa che limita e mette paura all’esplorazione, in particolare per tutti quei giocatori che preferiscono un’avventura lineare e seguita dall’inizio alla fine, invece atterrare per sbaglio in un pianeta sconosciuto e raccogliendo un oggetto potrebbe portarci a step successivi di una quest mai accettata.
Altro aspetto da non sottovalutare purtroppo è il terribile e limitato riciclo di strutture che troverete su ogni pianeta. Capiterà spesso infatti di visitare tre o quattro pianeti e trovare in ognuno di questo la stessa struttura di ricerca scientifica o un sito di scavo abbandonato. Al netto delle prime 10 o 15 ore di gioco che sono estremamente impressionanti, poi il “trucco” viene in parte svelato. La magia resta, ma il colpo d’occhio non perdona.
Una tuta spaziale cromata
Lo scheletro ludico riguardo equipaggiamento e utilizzo delle armi, come delle caratteristiche del nostro personaggio o abilità segue fedelmente lo stile di Fallout. Dal Carisma alle abilità in combattimento o nell’hacking, ma anche la natura genetica del nostro personaggio sancisce importanti bonus o malus all’avventura generale.
Inutile dire che probabilmente si perderà molto tempo nella personalizzazione del nostro personaggio come di tutto il background genetico. Nulla di nuovo sotto il sole, ma vedere abilità attive muoversi sinuosamente durante il gioco, in un momento talmente avanzato porta enorme soddisfazione nella selezione iniziale di quella o l’altra abilità. Un’invisibile pacca sulla spalla per aver creato una “build” perfetta per l’esplorazione spaziale.
L’approccio all’inventario e uso delle armi come già detto non ha subito notevoli modifiche, oltre quelle che il Creation Engine 2 già permette, partendo da un colpo d’occhio sicuramente interessante. Il feedback nell’equipaggiare nuovi pezzi della tuta spaziale, identificabili anche grazie a livelli di rarità ben specifici a cui aggiungere o modificare mod, come le stesse armi, restituisce un senso di familiarità non indifferente, il tutto ripulito da fastidiosi bug o hit box ballerine (i giocatori di Fallout sanno a cosa faccio riferimento).
Anche la personalizzazione estetica, cromatica e di prestazioni della navicella spaziale, come tutto il mercato che c’è dietro, è dettagliato e ricco di varietà, dall’editor agli approcci di utilizzo dell’energia che decideremo di dedicare alle varie parti della nave, decidendo di potenziare momentaneamente – magari in una fase di scontro – il potere offensivo a discapito di una manovrabilità se consci di essere in netto vantaggio tattico, per poi ridistribuire le energie equilibrando il tutto. Una piccolezza che non sembra riesce a pesare sull’esperienza generale, ma risulta essere l’ennesima meccanica inedita in un gioco che presenta una quantità di cose da fare assolutamente impressionante.
In ultimo bisogna segnalare un’interfaccia utente per inventario, mappa stellare e abilità un po’ dispersiva, in particolare per quanto riguarda i livelli di visualizzazione della mappa stellare, costruita su layer da selezionare, dal singolo terreno di un pianeta, all’intera galassia. Alcune volte per raggiungere un determinato oggetto di visualizzazione, occorre switchare più e più volte.
Azioni e conseguenze
Salta all’occhio, sin dalle prime battute, qualcosa che non funziona del tutto riguardo tutto quello che c’è attorno Starfield. Se il background narrativo è ricco e stratificato, come anche la storia si aggiunge di linee di dialogo precise e interessanti da seguire, anche tutto quello che gira attorno le fazioni è curato con il medesimo guanto qualitativo.
Di contro però, il mondo di gioco non sembra ricevere attivamente le nostre azioni. Nella nostra prova è capitato di eseguire un furto in un hangar sotto gli occhi di due guardie che non hanno mosso un dito, pur rientrando nel loro campo visivo. Preso il malloppo e usciti fuori con tutta calma, dopo una manciata di minuti siamo stati raggiunti da un membro delle forze dell’ordine che ci ha multato per quello appena fatto. Un bug? Probabile, eppure queste situazioni sono capitate molto spesso e molteplici sono stati i furti alla luce del sole che abbiamo fatto senza che nessuno muovesse un dito.
Anche il semplice camminare per città e pianeti civilizzati con armi spianate, non ha destato nessun tipo di fastidio, civili o forze dell’ordine che siano. Non di meno – di conseguenza – è la gestione dell’intelligenza dei nemici, assolutamente abbozzata non ottimizzata, con gli stessi che tendono a spararci contro tutto quello che hanno senza una vera tattica, rimanendo più volte sempre fermi nello stesso punto. Insomma, ai marchi di fabbrica di Bethesda siamo abituati, ma queste cose limitato notevolmente il senso di sfida.
Una magia spaziale
In conclusione a questo testo però, si vuole riprendere uno dei concetti esposti in prima battuta: al netto dei difetti evidenti, alcuni anche estremamente grossolani, Starfield è pregno di una magia non indifferente. Probabilmente non sarà la killer app di casa Xbox per questi ed altri motivi, ma l’esperienza ludica che propone è assolutamente non indifferente.
Starfield dunque è un gioco grandissimo, ma con limiti intelligenti, pieno di cose da fare, a tratti anche troppe, ma sempre nella totale scelta e libertà del giocatore nel modo in cui approcciarsi alle missioni o alle attività da eseguire. Se pensiamo alle mod che hanno preso di mira Skyrim o un Fallout 4, non è difficile immaginare una longevità che può raggiungere centinaia di ore nel suo pacchetto ludico, che si arricchisce di ogni attività secondaria che può fare presa o meno su ogni tipo di giocatore, dalla ricerca di minerali, alla mera esplorazione.
In Starfield c’è di tutto ed è più di un “Skyrim nello spazio”. C’è davvero un mondo in cui perdersi, e come è difettoso, incompleto e lurido il nostro, lo è anche quello di Starfield, ma ci troverete sempre più di un motivo per tornarci.
La recensione in breve
Starfield è un'opera impressionante, ludicamente solida e contenutisticamente ricca di cose da fare. Si inciampa sempre sulle radici classiche dei giochi Bethesda con alcune forti limitazioni sul fronte dell'esplorazione attiva e passiva, ma indubbiamente Starfield entra nel pantheon di Bethesda con ottime qualità, tutte perfezionabili, segnando un ottimi prospetti per il futuro.
-
Voto GamesEvolution