La serie di Tales of è andata incontro a una grande ondata di popolarità negli ultimi anni, amplificata dall’uscita sul mercato di Arise, che è riuscito a imporsi come il capitolo più venduto in assoluto, il che ha convinto Bandai Namco a cominciare a riproporre una delle sue saghe più note di videogiochi di ruolo giapponesi sulle console moderne. In quest’ottica, l’operazione più semplice era quella legata a Tales of Symphonia: il quinto capitolo del franchise, in origine esclusiva GameCube e poi portato anche su PlayStation 2 (quest’ultima versione non uscì mai in Europa, visto che da noi all’epoca i Tales of erano quasi sconosciuti), aveva infatti già ricevuto una rimasterizzazione per PC nel 2016, che ne aveva aggiornato controlli e sistema di gioco e rinfrescato il comparto tecnico.
Tales of Symphonia Remastered, pubblicato pochi giorni fa per PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch, non è altro che un porting dell’edizione HD sbarcata su Steam sette anni fa: pur avendo avuto del tempo a disposizione per migliorare e rifinire ulteriormente il pacchetto, Bandai Namco si è però limitata ad una riedizione un po’ pigra e avara di novità.
Due mondi in bilico
Prima di parlare del perché questa ennesima rimasterizzazione non sia riuscita a convincerci del tutto, è importante spiegare il principale motivo per cui, nonostante tutto, può ancora valere la pena darle una chance: dal punto di vista narrativo, Symphonia è uno dei migliori Tales of. Se siete novizi e avete magari cominciato proprio da Arise, potreste volerlo recuperare anche solo per ragioni storiche, dal momento che quella confezionata all’epoca dal fu Tales Studio è una delle storie meglio scritte della serie.
Come da tradizione, il sostrato narrativo vede sempre i soliti due mondi in guerra: nel caso di Symphonia, l’ago della bilancia è rappresentato dal mana, una risorsa preziosissima in possesso di uno dei due. Il protagonista, Lloyd Irving, insieme all’amico Genis e al mercenario Kratos, parte per accompagnare la giovane Colette, designata come Prescelta dagli dei, verso un cammino che la porterà a rendersi conto che la sua vera missione non è tanto quella di salvare il proprio pianeta, quanto di trovare un’armonia che permetta a tutti gli esseri viventi di coesistere pacificamente e all’eterno conflitto di avere una fine.
La premessa, di base, potrebbe sembrare semplice, ma non fatevi ingannare: la trama di Tales of Symphonia è molto ben orchestrata e piena di colpi di scena, inseriti a effetto e capaci di mettere costantemente in dubbio ogni certezza che pensavate di aver acquisito cinque minuti prima.
Non solo, il racconto in sé, come poi scoprirete, non segue la via “facile” dell’eroismo usato come mezzo per risolvere ogni contesa e arrivare sempre all’agognato happy ending, ma è narrato con piglio molto più tragico, portandovi addirittura a porvi domande sul reale significato del bene e del male.
20 anni e sentirli (quasi) tutti
Messo in chiaro cos’è che ancora oggi gli permette di reggersi in piedi, ossia la sua narrativa, va però detto che si tratta pur sempre di un JRPG del 2003, uno dei primi a mettere insieme grafica in 3D e combattimento in tempo reale. Gli anni a cavallo del nuovo millennio sono stati un periodo di sperimentazione per certi generi videoludici, e qui la cosa si nota in maniera particolare.
Nello stile, in realtà, Tales of Symphonia non è invecchiato più di tanto: certo, l’estetica super deformed dell’epoca non va più tanto di moda oggi, ma i disegni di Kōsuke Fujishima (Sakura Wars, Oh Mia Dea!) sono sempre evocativi e carichi di fascino. Va detto, però, che rimettendoci su le mani vent’anni dopo, pad alla mano, è comunque un videogioco che sa di vecchio, e bisogna fare un grosso sforzo mentale per rinunciare pressoché a ogni novità sopraggiunta nel frattempo.
È anche vero che i JRPG tradizionali si sono evoluti a passettini piccolissimi nelle ultime due decadi, ma proprio per questo motivo sarebbe bastato smussare qualche angolo in più per rendere ancora oggi questa riedizione un minimo più gradevole dal punto di vista prettamente ludico.
Senza dilungarci troppo in spiegazioni tecniche, la struttura è di quelle estremamente classiche, da gioco di ruolo giapponese vecchia scuola: mappe separate per l’overworld, i dungeon e i villaggi, incontri visibili e quindi evitabili (ma alcuni sono davvero fastidiosi, specie quando i nemici vi tendono imboscate ed è impossibile schivarli), possibilità di esplorazione estremamente ridotte rispetto agli standard odierni e in generale un sistema da gioco di ruolo piuttosto semplicistico ed essenziale.
Anche nelle battaglie, vista l’evoluzione generalmente lineare a cui i Tales of sono andati incontro (tolto qualche piccolo passo falso), Symphonia si può definire una versione semplificata dei suoi successori: il giocatore controlla un membro del party, mentre gli altri tre, coi quali è possibile eseguire tecniche combinate (marchio di fabbrica della serie) sono affidati all’IA. Nessuna sorpresa, tanto che ci viene offerta anche la possibilità di attivare il combattimento automatico, lasciandoci il controllo del solo menu contestuale e sgravandoci dal compito di gestire scontri che presto o tardi tendono a diventare tediosi.
Luci e ombre tecniche
Arrivati a questo punto, dovrebbe esservi piuttosto chiaro che le maggiori criticità di questa riproposizione risiedono perlopiù nella sua pressoché totale assenza di novità. Anche negli aspetti un po’ più collaterali, Symphonia non è riuscito a migliorarsi dai tempi della versione HD per PC. La navigazione nei menu, che mantengono un’impostazione che più classica non si potrebbe, è sempre estremamente farraginosa, e la quantità di opzioni per provare a modernizzarsi un minimo l’esperienza da soli è ridotta all’osso.
Persino nel comparto tecnico e sonoro si evidenziano sbavature piuttosto evidenti. Visivamente il gioco è rimasto identico al 2016, presentando un’alternanza fastidiosissima tra elementi aggiornati e sfondi che sembrano stati presi di peso e incollati direttamente dall’edizione originale.
I modelli dei personaggi sono stati rifatti più che dignitosamente, così come le mappe di estensione limitata come villaggi e dungeon (anche se in queste ultime sono ancora riscontrabili numerosi elementi realizzati peggio rispetto alla media), mentre la mappa generale, con tutti gli elementi in essa contenuti, non ha ricevuto lo stesso trattamento. Anche alcuni sfondi delle scene animate avrebbero meritato maggior attenzione: in alcuni casi vi troverete letteralmente con Lloyd e compagni che parlano di fronte a vere e proprie chiazze indistinte di colore. Persino l’UI, elemento che sarebbe stato molto più semplice ritoccare, non ha subito aggiustamenti, né estetici, né funzionali, per avvicinarsi a standard un po’ più moderni.
Il doppiaggio, infine, presenta una disparità quasi imbarazzante tra le due lingue presenti: il giapponese è di qualità infinitamente superiore, sia perché capace di sposarsi molto meglio con il tono drammatico dell’avventura, sia per motivi tecnici, visto che l’inglese è piagato da problemi non indifferenti di pulizia del sonoro. È presente, infine, l’adattamento italiano (di buona qualità) per i testi.
Infine, una piccola nota riguardante le console di nuova generazione: su PlayStation 5 e Xbox Series X/S, dove il gioco viene eseguito in retrocompatibilità (non è presente una versione nativa per queste ultime), Tales of Symphonia non ha il frame rate sbloccato, e rimane ancorato ai 30 FPS.
Conclusioni
Se dovessimo giudicare esclusivamente l'operazione di rimasterizzazione, Tales of Symphonia prenderebbe una sonora insufficienza: non è possibile presentarsi agli albori del 2023 con un lavoro così pigro e sommario, soprattutto visto il prezzo di 39.99 euro e visto che il pacchetto non comprende nemmeno il sequel, Dawn of the New World, uscito su Wii. Nostro compito, però, è quello di giudicare il pacchetto nel suo complesso, e Tales of Symphonia mantiene ancora oggi un indiscutibile valore, soprattutto storico, visto che si tratta comunque di uno dei Tales of migliori dal punto di vista narrativo. In questa operazione, insomma, non aspettatevi grosse sorprese, perché non ne troverete: il suo compito è soltanto quello di farvi riscoprire un grande classico, che, pur non invecchiato benissimo, possiede ancora un certo fascino.
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Voto ScreenWorld