Si tende spesso a pensare, purtroppo, che il rapporto fra videogiochi e disturbi mentali sia unicamente di tipo negativo: i videogiochi causano dipendenza. Ma si tratta di una visione fin troppo parziale di un argomento così delicato. È vero, la fruizione eccessiva dei videogiochi può portare alla dipendenza patologica e, nei casi più estremi, all’indebitamento, allo spossamento fisico e perfino alla morte, il che spiega perché i detrattori del medium non fanno che continuare a perpetrare questo stereotipo così deleterio e infondato; demonizzare i videogiochi, nel loro complesso, come semplice perdita di tempo nociva, può indurre a credere che videogiochi e disturbi mentali vadano a braccetto. Insomma, dai videogiochi non può venire nulla di buono. Ma è davvero così?
Nel corso degli anni, i videogiochi sono diventati un mezzo espressivo incredibilmente diversificato che offre ai fruitori una scelta talmente ampia da trascendere la sua funzione primaria, l’intrattenimento, per elevarsi e vere e proprie opere d’arte. Anche dal punto di vista delle tematiche affrontate la scelta è ora decisamente più ampia, fino a includere anche la sfera psicologica dei giocatori: esistono, infatti, diversi titoli che esplorano i meandri più reconditi e oscuri della mente e della psiche umane, e altri che si pongono come obiettivo quello di aiutare i giocatori ad affrontare i problemi della vita di tutti i giorni, ma anche quelli derivanti da esperienze traumatiche. Poiché non è nelle nostre intenzioni elencare tutti i titoli rappresentativi del rapporto che lega videogiochi e disturbi mentali, abbiamo raccolto alcuni degli esempi più conosciuti, suddividendoli per aree tematiche.
Alienazione
Il termine “alienazione” ha moltissimi significati, fra cui quello di dissociazione (da sé stessi, dalle proprie emozioni, dalla realtà…). Fra i più grandi maestri della rappresentazione dell’alienazione in ambito letterario c’è lo scrittore ceco Franz Kafka; la sua opera più emblematica, in questo senso, è la Metamorfosi, un racconto del 1915 che vede come protagonista Gregor Samsa. Gregor è un uomo che, per ragioni che non verranno mai rivelate, si sveglia con le sembianze di un insetto gigante.
Ispirato a questo straniante racconto è il videogioco indie omonimo Metamorphosis. Qui, però, Gregor viene, sì, trasformato in un insetto, ma viene anche rimpicciolito. Nel gioco, l’alienazione è rappresentata dalla trasformazione (con conseguente ricerca di un modo per tornare allo status quo iniziale). Ma anche dal rimpicciolimento: ambienti un tempo familiari ora diventano bizzarri e sconosciuti. La narrazione si integra con un gameplay incentrato sull’esplorazione di questi ambienti familiari da un punto di vista sconosciuti. Così, anche noi proviamo il senso di alienazione di Gregor, la cui percezione risulta, quindi, fortemente distorta.
Un ulteriore esempio di alienazione è rappresentato da un altro titolo indie, Martha Is Dead, un’opera in cui la componente narrativa e psicologica la fa da padrone. In questa oscura storia che vede come protagoniste le gemelle Martha e Giulia, la salute mentale di quest’ultima è già provata: la madre delle ragazze ha sempre preferito Martha a Giulia, che ritiene anche responsabile della perdita dell’udito di Martha. Così, quando Giulia trova il corpo senza vita di sua sorella, prende una decisione macabra e fortemente impattante sulla sua salute mentale: fingere che sia lei la sorella morte per prendere il posto di Martha e godere, così, finalmente, del tanto desiderato amore di sua madre.
In un racconto che unisce il folklore agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, periodo storico in cui è ambientata la storia, Giulia vive anche il dramma della malattia mentale e della dissociazione da se stessa e dalla realtà, anche a causa delle sue forti amnesie, al punto che possiamo ricondurre la sua patologia a un’altra malattia mentale, di cui preferiamo non parlare per evitare spoiler sulla trama del gioco.
Il tema dell’alienazione legato alla perdita di alcuni frammenti di memoria che conservano ricordi traumatici è riscontrabile anche nel survival horror Silent Hill 2, in cui il protagonista, James Sunderland, riceve una lettera da sua moglie, Mary Sheperd, in cui la donna gli chiede di tornare a Silent Hill. Il problema è che Mary è morta da tre anni.
Durante la sua esplorazione del macabro mondo di Silent Hill, James scoprirà di aver fatto qualcosa, qualcosa di cui, però, non ricorda nulla. Proseguendo nel suo tetro viaggio scoprirà anche di cosa si tratta e, come se non bastasse, dovrà pure affrontare i mostri creati dalla sua stessa mente per punirlo dei suoi peccati. Dal punto di vista narrativo, l’opera tratta il tema dell’alienazione in maniera simile al regista statunitense David Lynch, in particolare in film come Strade Perdute. Nel gioco, James troverà anche un giornale in cui è presente un articolo che parla del suicidio dell’omicida Walter Sullivan, che sarà l’antagonista principale di Silent Hill 4: The Room.
Ed è proprio di lui che parleremo ora.
Disturbo dissociativo dell’identità e psicosi
Walter Sullivan è nato nella stanza 302 del complesso South Ashfield Heights, ad Ashfield, vicino a Silent Hill. Per sua sfortuna, diversi decenni dopo Henry Townshend si trasferirà proprio in quell’appartamento. Sullivan è morto ormai da 10 anni, eppure in città continuano ad avvenire omicidi seriali che presentano il suo stesso modus operandi. Sulivan è un uomo disturbato la cui infanzia è stata del tutto priva di affetto e la cui mente è stata riempita a forza con le folli dottrine dell’Ordine, una setta di fanatici religiosi che adora le divinità dell’Otherworld, la macabra dimensione alternativa presente nei videogiochi della saga. A tutto questo va anche aggiunto un disturbo dissociativo dell’identità, in quanto la mente di Sullivan si è fratturata creando due identità scisse e molto diverse: l’omicida e il bambino innocente, una versione epurata dal male di Sullivcan, la sua ultima “parte buona”. La tematica, in questo senso, è ripresa dal film horror fantascientifico The Cell.
Tuttavia, il videogioco forse più emblematico che tratta le malattie mentali gravi è Hellblade: Senua’s Sacrifice. Per la sua realizzazione il team di sviluppo ha contattato non solo dei professionisti del settore come gli psichiatri, ma anche persone che soffrono di psicosi, le quali, com’è possibile vedere nel bellissimo documentario allegato al gioco, lo hanno anche provato per verificare che fosse coerente con i loro racconti. Indicativo è anche il fatto che i pazienti non vedessero in Hellblade alcun segno di psicosi, proprio perché quella che per noi è una percezione distorta della realtà, per loro, che soffrono di queste patologie, è la norma.
Allucinazioni visive e uditive accompagnano Senua e i giocatori in un oscuro viaggio nei meandri della sua mente malata, creando puzzle ambientali da risolvere che, però, in realtà esistono solo nella mente distorta di Senua. Hellblade: Senua’s Sacrifice è solo la prima delle opere dello studio Ninja Theory incentrata sul rapporto fra videogiochi e disturbi mentali: grazie a The Insight Project, realizzato in collaborazione con il professor Paul Fletcher dell’Università di Cambridge, Ninja Theory si propone di “generare strategie per alleviare il disagio mentale”.
Depressione
Malattia a sé stante o sintomo di una patologia differente, la depressione affligge moltissime persone. Un’opera videoludica che affronta questa tematica in modo delicato per la creazione di puzzle ambientali è Shady Part of Me. Sentendosi sola e spaventata, anche per via della paura di essere giudicata male dalle altre persone, la piccola protagonista non riesce a camminare dove c’è luce. Sarà la sua ombra a spianarle la strada.
Manovrando sia la bambina che la sua ombra avrete quindi modo di interagire sia nel mondo reale che con quello delle ombre, alternando le azioni dell’una e dell’altra; sarà proprio questa ombra ad aiutare la piccola ad affrontare le sue paure, la sua depressione e le sue difficoltà nei rapporti sociali.
La tematica di una solitudine “cronica” che fa sprofondare nella depressione è presente anche in Sea Of Solitude, esplicativo già solo dal titolo. Il mondo oscuro e terrificante in cui l’opera è ambientata e i mostri che la abitano sono creazioni della mente stessa della protagonista, Kay, come manifestazioni delle sue paure più profonde e della sua annichilente solitudine.
Scopo di Kay e, quindi, dei giocatori, sarà trovare il modo per far tornare la ragazza a vivere la propria vita libera dalle afflizioni della sua condizione attuale.
Possiamo trovare indizi di una mente provata da forti traumi anche in Limbo, titolo indie in cui il protagonista intraprende un viaggio proprio nel Limbo per ritrovare la sua sorellina. Le tetre ambientazioni e i terribili pericoli che vi si annidano sembrerebbero essere la rappresentazione dei traumi del piccolo protagonista, condannato a vivere nello stesso loop temporale in eterno.
E c’è anche chi vede nei Souls una metafora della depressione, rappresentata, in questo caso, dalla solitudine del protagonista che si ritrova ad affrontare un mondo abitato prevalentemente da creature ostili e mostruose, in un ciclo infinito. Eppure, anche in questo mondo è possibile trovare degli alleati pronti ad aiutarci ad affrontare i mostri che infestano i Souls: ciò è rappresentato dal sistema di evocazione. Scopo dei giocatori sarà proprio spezzare questo ciclo e uscire, quindi dalla ripetizione.
Videogiochi e disturbi mentali – Il supporto psicologico: la psicanalisi
Fra i videogiochi che si pongono l’obiettivo di aiutare i giocatori ad affrontare i problemi della vita quotidiana non possiamo non menzionare Superliminal, puzzle ambientale in prima persona ambientato in un mondo onirico: il protagonista, infatti, soffre di disturbi del sonno e, per questo, ha deciso di sottoporsi a una terapia innovativa che lo catapulta in un mondo in cui sarà indispensabile usare il ragionamento laterale e la prospettiva, per poter arrivare alla fine del percorso terapeutico. In Superliminal il loop è rappresentato, ad esempio, da stanze con diverse uscite in cui, però, ognuna di esse riconduce alla stanza di partenza. Per risolvere questi puzzle, bisognerà, quindi, ragionare fuori dagli schemi. Nell’opera, viene spiegato che lo stesso metodo può essere usato nella vita di tutti i giorni: quando ci ritroviamo in situazioni che sembrano ripetersi sempre identiche perché le affrontiamo sempre allo stesso modo, la soluzione al nostro problema potrebbe essere guardarlo sotto un punto di vista differente, in modo da provare ad affrontarlo in modo diverso per ottenere, quindi, un risultato diverso.
Un’altra opera videoludica incentrata sulla psicanalisi è Freud’s Bones, un viaggio affascinante nella mente del padre fondatore della psicanalisi e dei suoi pazienti.
Videogiochi e disturbi mentali – Il supporto psicologico: l’elaborazione del lutto
L’elaborazione del lutto e, più ingenerale, del dolore causato da eventi traumatici, è fondamentale per non cadere in problemi più gravi. In psicologia, essa viene suddivisa in 5 fasi:
- Negazione (o Rifiuto)
- Rabbia
- Contrattazione (o Patteggiamento)
- Depressione
- Accettazione
Su questa suddivisione si basa la struttura dei 5 livelli di Rime, che si ripropone di far percorrere ai giocatori il medesimo percorso del protagonista.
Opere come Gris, caratterizzate da un delicatissimo stile grafico acquerellato, si ispirano alle 5 fasi di elaborazione del lutto non solo nel racconto, in cui la giovane Gris dovrà superare la perdita di sua madre, ma anche nell’uso dei colori. I livelli, infatti, sono caratterizzati da una scelta cromatica che riflette le diverse fasi:
- Negazione – Grigio
- Rabbia – Rosso
- Contrattazione – Verde
- Depressione – Blu
- Accettazione – Giallo
Un’altra opera videoludica che affronta la tematica della morte e il superamento della perdita è What Remains Of Edith Finch, in cui la protagonista, Edith Finch Jr., cerca di capire come mai tutti i suoi familiari siano morti, cercando anche di superare i traumi legati alla loro perdita.
Non importa che siate videogiocatori accaniti o meno. I videogiochi sono qui per concedervi ore di svago, competizioni mozzafiato, ma anche un validissimo supporto psicologico anche nei momenti più bui della vostra vita. Parafrasando uno dei tanti messaggi dei giocatori in Bloodborne, “Un videogiocatore non è mai solo”.