In questa precisa epoca il concetto d’innovazione non è per certo uno scontato. Evolvere o creare da zero processi in grado di evolvere è decisamente un compito alquanto arduo, non sempre sfruttato a dovere dai cervelli più brillanti. Avere talento e voglia spesso non è indice di qualità, lasciandoci spesso con un risultato finale discutibile. Nel mondo videoludico vediamo spesso questa “voglia di sfondare” venir applicata malissimo. Rare volte certi azzardi ripagano a dovere, ma moltissime altre creano soltanto disastri. Proprio per questo motivo, spesso, è più facile emulare una via sicura piuttosto che azzardare ad evolvere. Deck13 potrebbe essere un esempio concreto di questa “regola” siccome, lungo questi anni, questi ragazzi sono sempre riusciti a creare buoni giochi, senza però mai azzardare. Con Atlas Fallen sicuramente l’intento originale non era quello di innovare, ma semplicemente di creare l’ennesimo prodotto valido e divertente da giocare.
Dopo svariati titoli che non sono mai riusciti a segnare il panorama in maniera netta, il team tedesco comunque è riuscito nel creasi una discreta fama tra i videogiocatori. Va anche ammesso che gran parte delle opere Deck13 pur non essendo elevatissime a livello ludico e qualitativo, riuscivano a divertire. I due The Surge sono probabilmente i progetti più riusciti e curati dal team tedesco e con essi, la loro “discreta” fama, è riuscita a toccare nuove vette. Quindi, capite da soli che la curiosità nel vedere Atlas Fallen finito e giocabile era più che discreta. Tuttavia, dopo due lavori più che buoni, sarà riuscita Deck13 a dare vita alla loro opera definitiva? In più, dopo tutti questi anni in cui il team fu “rallegrato” al genere soulslike, sarà riuscito a staccarsi da esso? Andiamo a scoprirlo nella nostra recensione di Atlas Fallen!
Un mondo fatto di sabbia, speranze … e niente di più
Se c’è una dote che va attribuita al team di Deck13 è quella di avere buonissime idee di partenza quando si va a parlare di World Building e World Lore. Non è la primissima volta che vediamo lo studio tedesco svolgere un buon lavoro nel dare vita ad una premessa narrativa molto interessante. Tuttavia, esattamente come le precedenti volte, anche Atlas Fallen soffre nel raccontare la propria storia. Esattamente come in The Surge o Lords of the Fallen, la premessa narrativa è sfruttata in maniera insufficiente, lasciandosi sovrastare da scelte mediocri e una serie di personaggi e situazioni alquanto dimenticabili. Ovviamente non siamo di fronte ad una delle storie peggio raccontate nel mondo videoludico (e nemmeno di questo 2023), ma generalmente ci troviamo davanti a un racconto che è talmente clichè-ico e mediocre da far venire voglia anche al fan più dedicato di “dropparlo”.
Per rendervi più chiare le idee cercheremo di darvi un piccolo incipit della trama. La storia di Atlas Fallen narra di un mondo creato da due divinità. Queste due entità sacre, sin dall’alba dei tempi, sono riuscite a vivere in armonia e creare tutto quello che esiste nel mondo di Atlas Fallen. Tra le varie creazioni, anche la razza umana è stata “disegnata” da questi due divinità, portando il mondo intorno a loro a prosperare ed evolversi. Tuttavia, una delle due divinità di fronte alle azioni sempre più aggressive sconsiderate del genere umano, decide che è arrivato il momento di mettere una fine a tutto ciò, rilegando così il genere umano alla becera schiavitù. Questa scelta però non è stata vista di buon occhio dalla seconda divinità, che ancora crede ciecamente nelle potenzialità delle creature umane. Da questo disguido infatti parte una lotta tra le due forze divine, portando alla vittoria della divinità tiranna (conosciuta nel gioco anche come Dio del Sole) e condannando l’umanità alla schiavitù. Questo scontro, non solo porta il mondo circostante in rovina coprendolo di sabbia e siccità, ma addirittura intrappola anche la seconda divinità in un artefatto a forma di guanto.
Passati svariati anni da questo scontro, la narrativa ci proietterà nei panni di un senza nome, ovvero il nostro personaggio (che potremmo creare da zero con le poche opzioni presenti all’interno del gioco). Essendo un senza nome, il nostro personaggio è uno schiavo di un impero tiranno che ci sfrutterà a svariate volte durante le parti iniziali della storia. Tuttavia, le cose cambieranno durante una spedizione esplorativa quando, il nostro senza nome entrerà in contatto con un reliquia molto strana che ci darà la possibilità di controllare la sabbia in maniera quasi… divina! Ebbene si, quella reliquia sarà la stessa richiudente l’altra divinità opposta al tiranno Dio del Sole. Con il suo aiuto non solo riusciremmo ribellarci ai nostri tiranni, ma addirittura ci avventureremo nel compito di finire una volta per tutte il domino della divinità cattiva che soggioga il mondo di Atlas Fallen.
Come ben potrete notare da queste semplice premesse, il punto di partenza non è lontano dalle milioni di narrazioni simili viste in questi anni. Quello che però non funziona come si deve è il ritmo generale del racconto e il poco interesse nel approfondire a dovere certi punti focali. Non scopriremmo mai per davvero le vere intenzioni dell’impero. Non capiremmo mai se siamo stati dei prescelti o dei sempliciotti fortunati. Cavolo… non capiremmo nemmeno bene chi siamo e del perché ci siamo ritrovati in una situazione simile. Per non parlare del fatto che il finale del gioco è esageratamente anticlimatico rendendo tutto il racconto estremamente mediocre (per non dire pessimo).
Atlas Fallen, perché ti conosco già?
Ma come diciamo sempre, una mediocre/brutta narrazione può tranquillamente venire salvata da un gameplay funzionale. Ma sarà questo anche il caso di Atlas Fallen? Beh… non proprio! Quando andiamo ad analizzare nel dettaglio il sistema di gioco della creatura Deck13 capiamo subito una cosa: non sembra esserci un buon equilibrio tra l’idea di base e lo svolgimento effettivo di essa. Perchè esattamente come per la parte della storia, anche sul lato gameplay Atlas Fallen parte con delle buonissime idee che si tramutano ben presto in una cosa esageratamente mediocre (al limite dell’insufficienza).
A differenza delle scorse opere Deck13, Atlas Fallen si distacca dal concetto Soulslike lasciando spazio al genere Action/Open World (con un leggero pizzico RPG). Ma se con il genere trattato in precedenza il team tedesco è comunque riuscito a differenziarsi a dovere (ricordiamo il sistema di smembramento di The Surge), con Atlas Fallen non riescono a fare altre tanto. Per quanto funzionale, il gioco addotta delle meccaniche viste una miriade di volte durante la scorsa generazione (e anche durante l’attuale), rivelandosi ben presto una scatola riempita di poche cose interessanti. Il mondo di Atlas Fallen è poco vario e questa è potenzialmente una delle sue problematiche più grandi. Non solo sarete poco stimolati ad esplorare in quanto, ogni singolo segreto non vi porterà chissà quale beneficio a livello di gameplay. Sbloccare l’ennesima torre d’osservazione, trovare l’innumerevole oggetto cosmetico o semplicemente lottare con le stesse creature, porterà l’esperienza a diventare estremamente ripetitiva. Persino il “sistema” delle missioni che si riducono (quasi) tutte al semplice fetch questing accentuerà ancora di più la ripetitività generale del titolo. Da aggiungere anche che il Level Design generale è estremamente inconsistente. Pur avendo la possibilità di essere molto verticali nell’esplorazione della mappa (potendo fluttuare per aria e surfare sulla sabbia), certe strutture e formazioni geografiche vi impediranno senza senso logico di progredire. Risulta estremamente frustrante non capire dove si può progredire e sopratutto avere muri invisibili senza una logica precisa (quando magari, 5 minuti prima siamo riusciti ad arrampicarci in un posto simile senza restrizioni varie).
Anche il sistema di combattimento, per quanto funzionale e in fase avanzata anche divertente da usare (per i primi incontri almeno), non sfrutta al massimo il suo potenziale. Non c’è un vero e proprio sistema di combo e la “perfezione” durante i combattimenti non vi premieranno in nessun modo. Spesso, anche il pattern delle creature nemiche sarà estremamente prevedibile, portandovi a voler evitare certi scontri. In più sembra esserci qualche problematica con la hit detection siccome svariate volte ci siamo ritrovati a non colpire effettivamente il nemico, pur sfruttando a dovere il nostro arsenale. Altro punto a sfavore del gioco consta nella sua telecamera alquanto caotica che spesso vi porterà alla frustrazione durante i combattimenti.
Per quanto riguarda i leggeri aspetti RPG, abbiamo trovato tutto alquanto superfluo. Le varie statistiche sono molto relative in combattimento e spesso sarete portati a non considerare nemmeno la possibilità di creare pre-set e build con armature e rune. Pur avendo una buona idea alla base (armi che tramutano in base al sistema di potenza accumulato in combattimento e rune che danno specifici bonus), questa non viene mai sfruttata bene o con una certa logica. Proprio per questo motivo il Gameplay di Atlas Fallen risulta uno estremamente riduttivo e mediocre.
Tecnicamente parlando
Anche da un punto di vista puramente tecnico Atlas Fallen continua ad aggrapparsi al concetto di inconsistenza. Pur essendo un titolo totalmente sviluppato per la next gen, il comparto tecnico non sembra proprio brillare. Precisiamo che non ci siamo imbattuti in problematiche assurde. Tuttavia, il numero di magagne tecniche trovate sono sicuramente da non sottovalutare. Abbiamo avuto modo di provare il gioco su PlayStation 5, giocandolo in modalità Prestazioni (quindi con dettagli minori e un risoluzione più bassa, per mantenere un framerate stabile a 60). In questa modalità abbiamo notato un dettaglio generale delle texture alquanto basso, che a tratti ci ricordava giochi di 2 generazioni fa. Pur sacrificando dettagli, il framerate non riesce ad essere inchiodato a 60, scendendo spesso anche sotto i 40fps, rendendo certi scontri alquanto caotici. Niente di estremamente game breaking o ingiocabile, ma qualcosa da segnalare.
Per il comparto audio non c’è tanto da dire se non che è stato svolto un buon lavoro. Il doppiaggio (voci solo in inglese) ci è sembrato di buon livello, con attori in grado di emulare a dovere le emozioni dei personaggi. Stessa cosa va detta per la soundtrack che ci è sembrata consona al gioco e abbastanza piacevole da sentire durante l’esplorazione e i vari combattimenti.
La recensione in breve
Atlas Fallen nasce con in mente delle buone idee, ma che non riesce a mettere in pratica a dovere per sollevarsi oltre la solita mediocrità. Ogni singola caratteristica del gioco Deck13 è difficile da apprezzare in quanto, sembra quasi che il lavoro svolto con Atlas Fallen sia stato uno molto frettoloso. Dalle meccaniche viste e riviste degli Open World generici, ad un level design caotico e mal gestito, fino alla ripetitività delle missioni, la creatura Deck13 è una che non riuscirà ad aggrapparsi alla memoria di molti giocatori. Peccato, perchè potevamo essere testimoni di qualcosa con più anima. Invece, siamo solo di fronte all'ennesimo titolo generico che passerà nel dimenticatoio, sotterrato da titoli più interessanti (specie in questo 2023).
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Voto GamesEvolution