Iniziare a sviluppare videogiochi sta diventando sempre più facile ed immediato. Anche l’Italia negli ultimi anni si sta approcciando a quest’industria attraverso videogiochi indie e progetti culturali interessanti. Le difficoltà però non mancano, e, se da una parte gli strumenti per imparare a programmare si stanno moltiplicando esponenzialmente, quelli di pubblicazione rimangono misteriosi e complessi anche per chi vorrebbe entrare nel settore. Per questo oggi abbiamo intervistato Francesco Generali. Francesco è game designer, game programmer ed ha fondato BumbleBee, con cui ha sviluppato Escape String, videogioco indie uscito lo scorso 26 ottobre, del quale trovate la nostra recensione qui su GamesEvolution.
L’esperienza con Escape String
Escape String è un puzzle game semplice ed intuitivo. Nel gioco targato BumbleBee il nostro compito sarà quello di inserire delle “stringhe” di comandi, per permettere al nostro protagonista (un simpatico robot) di superare degli ostacoli ed avanzare all’interno dei livelli.
Da dove è nato il concept di Escape String?
Francesco: Da un progetto in accademia (ho fatto una triennale di Game Design). Una volta terminata l’accademia, dato il concept semplice ma piuttosto originale decisi di provare a convertirlo in un gioco vero.
A chi è rivolto il vostro gioco?
Francesco: Direi agli amanti dei puzzle game e a coloro che sono curiosi di esplorare titoli indie scoprendo meccaniche nuove e fuori dagli standard dei grandi titoli.
Quanto è durato lo sviluppo?
Francesco: Circa tre mesi, poi ci è voluto diverso tempo per “convertirlo” su console. Sviluppare un videogioco da zero, nonostante gli strumenti e le possibilità di apprendimento disponibili oggi, non è proprio un gioco da ragazzi.
Durante lo sviluppo ci sono stati momenti difficili o decisioni importanti da prendere? Come li avete affrontati?
Francesco: Il team principale, BumbleBee, in questo momento è composto solamente da tre persone: io (game designer e programmatore), Mauro (2d artist) e Michele (Musiche, SFX). Non abbiamo mai avuto grossi screzi, ma siamo stati comunque bravi a rispettare le decisioni ed i ruoli di ognuno. La parte più complessa per me è stata creare livelli avanzati interessanti, mantenendo il limite dei 15 input.
Il futuro di Escape String e BumbleBee
È nella sua seconda che Escape String inizia davvero a dare il suo meglio. L’impressione però è che il gioco finisca sul più bello, quando i livelli stavano raggiungendo la giusta complessità. Avete valutato l’idea di sviluppare dei livelli aggiuntivi o un editor in-game?
Francesco: Dipenderà tutto da come verrà recepito il gioco. È un concept che si presta a nuovi livelli… e magari ad una modalità endless? All’editor sinceramente non ci avevo mai pensato: dar la possibilità di creare livelli e condividerli con la community sarebbe molto figo.
E ad una pubblicazione su cellulare?
Francesco: Il concept rispetta molte regole di un buon casual game su mobile. Ci ho pensato più volte e forse in futuro farò questo esperimento.
È stato facile riuscire a pubblicare su tutti gli store digitali? Che iter avete seguito?
Francesco: Non è stato semplice. Probabilmente senza l’appoggio di 7 Raven Studios – il nostro publisher – non avremmo potuto ottenere le adeguate licenze, dato che siamo alla nostra prima esperienza su console.
Che obbiettivi vi siete posti con Escape String? Quali sono le vostre aspettative?
Francesco: La mia speranza è di ricevere molti feedback positivi, spero che il gioco piaccia. È il nostro primo titolo su console quindi a livello di vendite non so proprio cosa aspettarmi.
E di progetti per il futuro, ne avete?
Francesco: Tantissimi. Quasi sicuramente il prossimo titolo di BumbleBee sarà nuovamente 2D, ma non un puzzle game.
Da appassionato… A game designer
Parliamo un po’ di te e di come hai deciso di diventare un game designer e programmer. Cosa ti ha spinto a studiare per creare videogiochi?
Francesco: Ho avuto un percorso un po’ travagliato. Appena finito il liceo mi ero buttato su tutt’altro campo (Chimica Farmaceutica ndr.). Poi ho capito che era quello dei videogiochi l’ambito che faceva per me: potevo stare giornate intere a smanettare con gli engine di gioco. Inizialmente facevo VisualNovel su Ren’Py – un engine dedicato completamente a quel genere – e non mi stancavo praticamente mai. Spero che la mia storia possa essere d’ispirazione anche a chi non è giovanissimo e non è convinto del percorso intrapreso (ne ho conosciuti tanti in questa situazione).
Qual è stato il tuo percorso in tal senso? Cosa ti ha fatto credere che un tale percorso fosse possibile?
Francesco: Per rispondere mi permetto di rubare una frase di Stanley Kubrick, quando gli posero la medesima domanda: “Ho visto tanti film brutti. Ed anche se non sapevo nulla di cinema non potevo credere di non poter fare di meglio”. Ecco, ora traslate questa frase in ambito videoludico (grazie Big Rigs).
Indie “Made in Italy”: possibilità e prospettive
Negli ultimi tempi vediamo sempre più produzioni “Made in Italy”, e ne siamo felici. Tu credi che ora come ora ci sia spazio per nuovi sviluppatori e piccoli studi qui in Italia?
Francesco: I videogiochi in Italia sono una realtà ancora veramente giovane (basti pensare a quanto siano recenti le prime proposte accademiche). Io penso che di spazio ce ne sia tantissimo, ma ci sono tanti problemi per cui tanti miei colleghi prendono la decisione di andare fuori. Sinceramente credo anche che si senta parlare spesso di “Made in Italy” ma quando arriviamo di fatto a doverlo sponsorizzare non si fa abbastanza e questo è deprimente perché ti senti un po’ come essere tradito dalla tua stessa famiglia. A tal proposito, vi ringrazio tantissimo per avermi concesso questo spazio, lo apprezzo davvero perché appunto non è da tutti. In generale è un percorso duro, che richiede molto tempo da investire su se stessi, talvolta senza alcun guadagno. Spesso sono necessari dei compromessi, però può regalare veramente tante soddisfazioni.
Quella con Francesco è stata una chiacchierata piena di spunti interessanti. Che siano appassionati o che stiano pensando di intraprendere una carriera all’interno del mondo dei videogiochi, speriamo che sia stata stimolante anche per i lettori.