Annunciato circa un anno fa, ora Alone in the Dark torna a far parlare in duplice via: tramite il rilascio di una piccola demo gratuita per tutti i sistemi di gioco abbiamo modo di saggiare con le nostre mani – e occhi – quello di cui si comporrà la grammatica di gioco di questo ennesimo reboot di Alone in the Dark.
L’altra informazione riguarda – appunto – il massiccio uso di risorse che THQ Nordic sembra aver messo in campo. Nonostante lo sviluppo sia portato avanti da Pieces Interactive, piccola software house che conta appena trenta persone nel team principale, ci sono tanti altri piccoli tasselli che potrebbero rivelarsi essenziali nella resa finale di questo gioco, ma andiamo con ordine.
La storia di Alone in the Dark
Alone in the Dark vede luce nel 1992, con il primo capitolo denominato per l’appunto Alone in the Dark. Opera seminale per quelli che saranno poi successivamente survival horror di grande più respiro commerciale quali Resident Evil e Silent Hill. Lo stesso Shinji Mikami, papà di Resident Evil, si è detto più volte grato a questo titolo che lo ha ispirato a fare del suo meglio quando Capcom gli diede il compito di realizzare un gioco sulle stesse orme di Sweet Home.
Siamo attorno il 1920; alla notizia della morte di un ricco signore, ipotizzando un suicidio, l’investigatore Edward Carnby si reca nella villa per dare inizio alle indagini. Nel giro di poco tempo, le tracce lo porteranno in una dimensione oscura, abitata da zombie e magia nera, mentre la sopravvivenza si alterna alla necessità di scoprire le origini di questo sinistro mistero.
Il sequel, denominato semplicemente Alone in the Dark 2, arrivò nel 1994, con una componente horror marcatamente diminuita per addentrarsi più ad una trama che metteva assieme sempre il nostro investigatore Edward Carnby alle prese con riti voodo, pirati-zombie, gangster. Insomma, una formula bislacca, ma fedele al capitolo genitore. Si chiude il cerchio di questa ideale trilogia con Alone in the Dark 3, uscito nel 1995 che vede ancora Carnby alle prese con la sparizione di una troupe cinematografica, mentre le indagini lo portano a confrontarsi con fantasmi e cowboy mutanti. Insomma, se non si fosse capito, gli incipit narrativi del franchise di Alone in the Dark non sono mai stati esaltanti.
I reboot di Alone in the Dark e i primi problemi
In molti ricorderanno il primo reboot: Alone in the Dark – The New Nightmare arriva nel 2001, purtroppo fuori tempo massimo e con il fiatone. Si attua una rivisitazione storica, con il gioco che è ambientato nei giorni nostri e la struttura con annesse meccaniche attinge a piene mani da Resident Evil. La storia cerca connotati più freschi, con il solito Edward Carnby – rivisto per l’occasione con trench, capello lungo da band grunge e pistola a doppia canna – portato su un’isola sperduta dove alcuni ricercatori e scienziati hanno aperto un varco per una dimensione oscura.
Dopo sette anni si tenta nuovamente la strada del reboot con Alone in the Dark, rilancio partorito nel 2008 che, ambientato sempre ai giorni nostri, cerca un approccio inedito per portare il franchise a quanti più giocatori possibili, strizzando anche l’occhio ai fan storici infatti (attenzione, seguono spoiler sul gioco) nonostante prendiamo i comandi di un Edward Carnby esteticamente rivisto e che vive nel 2008, questo in realtà è il Carnby della trilogia originale. Tramite un twist narrativo – non proprio riuscito – scopriamo che di quel Edward Carnby della trilogia originale se ne perdono le tracce a partire dal 1930, per poi riapparire, senza alcun segno del tempo trascorso, nel 2008. Il progetto purtroppo non ebbe alcun tipo di successo a causa di diversi problemi nello sviluppo, bug mai risolti e un’accoglienza da parte di critica e pubblico non proprio positiva.
Il suicidio globale avviene nel 2015, anno dell’uscita di Alone in the Dark: Illumination, titolo uscito esclusivamente su PC che declinava il franchise ad una formula di shooter co-op dove si sparava tanto, tantissimo, mentre si perdeva ogni senso di logica. Inutile dire che tutta l’operazione risultò un fiasco clamoroso che ha portato alla chiusura definitiva di ogni idea o progetto sul riportare in vita Alone in the Dark, franchise seminale alla sua uscita e che non è mai riuscito a stare al passo con i tempi.
I problemi produttivi
Alone in the Dark, dal 2001 in poi, ha avuto la sfortuna di non finire mai in mani capaci. In apertura abbiamo riportato Pieces Interactive come nuovo studio di sviluppo dietro i lavori di questo reboot. Se Pieces Interactive alle spalle non ha proprio titoli all’altezza di questa operazione, bisogna dire quanto la rinascita di THQ Nordic stia cercando di portare un lustro maggiore a nomi, titoli o sviluppatori che negli ultimi anni difficilmente sono riusciti a stare al passo con i tempi (vero Piranha Bytes?).
Da non sottovalutare anche l’apporto e il mutamento affettivo dei fan verso la serie. Ad oggi potremmo definire Alone in the Dark un gioco orfano di un pubblico vero e affezionato. Gli appassionati dei primi tre capitoli originali ripudiarono all’epoca già il capitolo del 2001, figurarsi tutte le successive declinazione. Al tempo stesso, nessuno è mai riuscito a dare lustro e spessore a questo franchise, incasellando reboot su reboot senza mai centrare bene il bersaglio, quasi come se la magia espressa dai primi e sperimentali giochi si sia persa, mentre sviluppatori e simili hanno cercato di affermare il nome Alone in the Dark attorno nuove meccaniche.
Ecco dunque che la mossa di un reboot che riproponga la storia del primo capitolo è un’operazione potenzialmente promettente.
Remake o Reboot?
Questo Alone in the Dark si imposta come remake del primo capitolo, ma l’operazione applicata è quella del rilancio, dunque è meglio chiamarlo reboot. Gli stessi sviluppatori infatti hanno già confermato che la storia non seguirà fedelmente le vicende del primo gioco, prendendosi qualche libertà narrativa utile a svecchiare una storia che, riproposta nella sua interezza oggi, risulterebbe anacronistica e di difficile implementazione.
Ma in apertura si parlava di nomi importanti ed eccoli qui: in sede di sceneggiatura abbiamo Mikael Hedberg, noto al pubblico per il suo lavoro di sceneggiatore presso Frictional Games (SOMA e Amnesia). Nelle note di sviluppo, viene marcata la venatura da horror psicologico che il gioco vuole offrire, contesto su cui la penna di Hedberg potrebbe regalare più di qualche spunto interessante, riuscendo a donare al tessuto narrativo una forza dirompente o comunque più solida del previsto.
Da non sottovalutare la presenza nel cast di David Harbour e Jodie Comer che rispettivamente prestano corpo, viso e voce a Edward Carnby ed Emily Hartwood. Non solo due nomi noti al grande e piccolo schermo, ma la reale possibilità di donare qualità ed esperienza in ambito recitativo per quanto riguarda tutte le cutscene presenti nel gioco. Non si tratta solo di due nome ingaggiati per fare rumore o attirare l’attenzione, bensì i già citati tasselli di un progetto che sembra voler rievocare stilemi, tensioni ed orrori primordiali, con la promessa di essere – forse – una delle sorpresa di fine 2023.
Alone in the Dark Prologue
Possiamo farci un’idea di quello che sarà il gioco completo? Al momento no, ma come capita da diversi anni a questa parte, una demo arriva in nostro soccorso. Siamo lontani dalla fruizione frizzante e criptica di un piccolo prodotto di questo calibro come è stato PT di Silent Hills o la Beginning Hour di Resident Evil 7.
La porzione di demo di Alone in the Dark ci mette nei panni della piccola Grace presa dal compito di inviare una lettera a Emily Hartwood mentre affronta senza paura i primi sinistri e oscuri misteri della villa Derceto.
Al colpo d’occhio, il lavoro estetico appare pulito, ricco di dettagli pur non brillando a tutto tondo, cosa però che non rovina l’esperienza della piccola porzione di gioco. Le ambientazioni richiamano fortemente i primi del ‘900, aiutati anche da un sound design imponente e un comparto sonoro che ricorda quelle sensazioni di climax dove ci si adagia con naturalezza a uno swing un po’ ritmato, con graffi e distorsioni industrial, il tutto mentre l’oscurità prende il sopravvento su tutto e tutti.
L’obiettivo di Alone in the Dark in tal senso appare schietto e diretto: magari non voler entrare nell’Olimpo dei migliori titoli di questo 2023, ma potrebbe incasellarsi come uno gradita sorpresa, di quelle che capitano una volta ogni tanto, con un clamore portato avanti più dall’entusiasmo collettivo e da un fandom che gradualmente riprendere piede, magari con un bel gioco solido, ricco e strutturalmente valido.
Alone in the Dark ora non chiede altro e le carte in regalo sembrano esserci tutte.