“Qualsiasi cuore aveva questa città, ora si è fermato”. È quasi ironico come questa frase sia diventata quasi un inno al dolore dei fan di Silent Hill. Vedere il lento declino dell’opera Konami nell’abisso dell’incertezza è stato come ricevere una sfilza di pugnalate al cuore. Una saga che è riuscita a cambiare il panorama videoludico horror per sempre e, con una velocità quasi disarmante, è riuscita anche a implodere su se stessa… Quasi ironica come cosa, vero? Ma dietro questo tragico destino si nasconde una storia che merita di essere raccontata. La storia di come una buona idea è stata ripetutamente calpestata dal mero e solo interesse economico.
Insomma, nelle prossime righe proveremo a ripercorrere l’intera storia di quel pilastro che è la saga di Silent Hill. Vedremo le origini del mito, la concretizzazione come leggenda del genere, il tragico destino autodistruttivo e, infine, la speranza del ritorno. Sicuramente sarà un viaggio bello lungo nel quale, quasi sicuramente, qualche dettaglio verrà tralasciato. Alla fine, tutte le storie iconiche cambiano nel tempo e perdono pezzi. Ma l’importanza del racconto risiede sempre nella morale e in cosa ci lascia. Quindi, se siete pronti, vi invito a intraprendere questo lungo viaggio insieme a noi.
Capitolo 1: la nascita del mito
Per capire appieno l’importanza del progetto Konami, dobbiamo tornare indietro al 1996, anno in cui il mondo videoludico stava per cambiare una volta per tutte, introducendo in maniera netta un “nuovo” genere. Fu quello il momento in cui il genere Survival Horror diventò leggendario. Anche se esistono videogiochi del genere fin da prima del 1996, come Alone in the Dark e Sweet Home, non era ancora riuscito a trovare il proprio posto tra i videogiocatori. A cambiare le carte in tavola però fu Capcom che, grazie a due sviluppatori come Shinji Mikami e Tokuro Fujiwara, diede vita a un altro pilastro, un’opera che oggi conosciamo come Resident Evil.
Ma cosa c’entrano Resident Evil e Capcom con Silent Hill? Ebbene, proprio il domino netto della saga Capcom e la sua cura per certi dettagli spinsero Konami a cambiare totalmente i progetti iniziali relativi a Silent Hill. Infatti, il primissimo Silent Hill entrò in fase di sviluppo proprio durante il 1996. Konami, osservando il successo di un titolo come Resident Evil, spinse il proprio team di sviluppo a dare vita a una creatura simile, che potesse avere un forte appeal verso il pubblico americano. Il publisher nipponico, infatti, voleva un prodotto con forti influenze occidentali, in cui la paura fosse molto diretta e che si basasse su scenari quasi “hollywoodiani”. Insomma, un progetto ben lontano da quello che Silent Hill finì (fortunatamente) per essere.
La fortuna principale e la salvezza di Silent Hill è un team di sviluppo estremamente coraggioso, che decise di ignorare le indicazioni iniziali del proprio distributore. Infatti, Team Silent non era minimamente d’accordo con la visione in parte limitata di Konami, e considerava l’idea originale di Silent Hill troppo banale e scontata. Per loro la paura non doveva essere evidente e, ancora di meno, giocare un fattore importante solo su certi giocatori. Per loro, la paura doveva essere principalmente spinta dalle emozioni umane. Doveva, quindi, essere psicologica.
Infatti, questa presa di posizione da parte di Team Silent fu decisiva, e il primissimo Silent Hill diventò rapidamente un successo. Giocare sul fattore psicologico risultò affascinate per il panorama videoludico in quanto, prima di allora, non si era mai sperimentato verso una direzione simile. Le atmosfere, le musiche, il gameplay e soprattutto la trama di Silent Hill entrarono sia nei cuori dei giocatori che negli elogi della stampa specializzata. Da specificare anche come la parte ludica del progetto si discostava in maniera netta dai Survival Horror tradizionali. Nell’opera di Team Silent il giocatore si sentiva davvero impotente, i pericoli non erano mai evidenti e le sensazioni di angoscia e depressione erano un fulcro movente del gioco. Inoltre, Silent Hill fu la prima opera horror a dare la possibilità ai giocatori di “determinare” il proprio destino, in quanto ogni finale cambiava in base alle decisioni prese durante il gioco. Insomma, il progetto fu un successo incredibile, nonché il primo esempio di come la libertà creativa riesca a dare ottimi risultati. Ma dopo un successo simile, Silent Hill era destinato a diventare ancora più leggendario…
Capitolo 2: Silent Hill 2, il sequel perfetto
Quando si ha una base di partenza così solida, spesso è estremamente facile sia realizzare qualcosa di grandioso, ma anche sbagliare in maniera fatale. Nel corso della storia abbiamo sempre assistito a casi da “doppio taglio”, nei quali gli sviluppatori si sono adagiati sugli allori per la troppa sicurezza. Fortunatamente, non è stato il caso di Silent Hill 2, in quanto Team Silent ha alzato ancora di più l’asticella. Per molti, il sequel del primo gioco non fu solo un rispettoso erede della prima incarnazione, ma addirittura l’opera definitiva, quella che rappresentava tutto quello che voleva essere Silent Hill.
Se, quanto alle meccaniche di gioco, Silent Hill 2 non si discostava in maniera netta dal primo capitolo, quando si andava a toccare la parte narrativa il gioco ha proposto un nettissimo miglioramento. Il tutto grazie, ancora una volta, alla totale libertà creativa di cui ha potuto godere Team Silent. Perché, dopo il successo immenso del primo capitolo, persino Konami si convinse a non mettere freni al team di sviluppo.
La narrazione di Silent Hill 2 divenne un punto di riferimento per il medium, concentrandosi ancora una volta sulla psiche del giocatore piuttosto che sulla pura ed evidente paura visiva. Però, se col primo capitolo l’elemento psicologico definiva solo parzialmente i contorni generali dell’opera, in Silent Hill 2 ogni singolo elemento deriva da una connotazione psicologica. Basti pensare a come viene caratterizzato James Sudderland, protagonista di SH2, e tutto quello che lo circonda. La Silent Hill di James non è la stessa Silent Hill di Harry Manson. Tutto quello che caratterizza la cittadina americana nella visione di Sudderland è derivata da ogni sua sfaccettatura psicofisica. Prendiamo per esempio l’iconico Pyramid Head. Questa incarnazione del terrore, che diventerà iconica sia per la serie che per il panorama horror, rappresenta la parte più oscura della mente di James. Una parte masochista, narcisista e sessista che tende solo a punire il prossimo.
Ancora una volta, grazie alle capacità creative e alla voglia di esprimere molto più della semplice paura, Team Silent riuscì a consolidare la propria eredità. Silent Hill 2 diventò fin da subito iconico e, con il tempo, leggendario. Infatti, tutt’oggi, l’opera di Team Silent rimane una delle più amate, sia dai fan della saga che dalla critica specializzata. Ma dopo due successi così mastodontici, Team Silent sarebbe stato in grado di proseguire questo camino radioso?
Capitolo 3: l’inizio della (quasi) fine
Proprio subito dopo l’uscita del secondo capitolo, Team Silent decise di spingersi ancora una volta oltre il limite, cercando di sperimentare non solo con un seguito diretto di Silent Hill, ma con ben due capitoli sviluppati in parallelo. Il primo tra i due fu Silent Hill 3, ovvero il sequel diretto del primissimo titolo.
Se i primi due capitoli di Silent Hill furono quasi un territorio di prova per la creatività di Team Silent, il terzo voleva dimostrarsi la summa massima di tutto quello che il team aveva imparato nel corso degli anni. Infatti, Silent Hill 3 doveva essere l’evoluzione naturale della saga, facendo tutto quello che riuscì a fare il secondo capitolo, e anche di più. Effettivamente, tutti questi sforzi di Team Silent hanno ripagato tantissimo i creatori, dando vita a uno dei loro progetti più curati del panorama horror. Ma anche così, per qualche motivo, Silent Hill 3 non riusciva a splendere negli occhi dei fan come fece il secondo capitolo. Anche se le atmosfere e il design dei mostri risultavano a un livello decisamente superiore rispetto a Silent Hill 2, il vero nemico del terzo capitolo fu, purtroppo, la sua protagonista.
A differenza di James, Heather non splendeva come personaggio: per qualche motivo, incarnava tutti i cliché tipici della “last girl” dei film horror, ovvero una protagonista in prima fase debole e che, da un certo punto in poi, per qualche motivo riusciva ad affrontare tranquillamente ogni tipo di pericolo. Proprio questa caratteristica predominante causò una scarsa empatia e immedesimazione dei giocatori con il personaggio di Silent Hill 3. Ed ecco che, in parte, pur facendo un ottimo lavoro, Team Silent si ritrovò davanti al primo sentore di fallimento.
Ma le cose, purtroppo, continuavano a prendere una piega sempre peggiore… Con il progetto successivo, Team Silent non si poteva permettere il fallimento, e Codename: Room 302 doveva ridare splendore alla saga di Silent Hill. Come vi abbiamo raccontato poco sopra, Room 302 è nato ed è stato sviluppato in parallelo a Silent Hill 3. Tuttavia, a differenza del terzo capitolo, Room 302 non doveva, in un primo momento, considerato un capitolo canonico della saga. Infatti, il progetto doveva essere un semplice spin-off che basava quasi tutte le sue caratteristiche su un gameplay più action e meno profondo e angosciante.
Tuttavia, dopo il mezzo passo falso di Silent Hill 3, sotto le pressioni di Konami Team Silent decise di fare un’inversione a 360 e rendere Room 302 quello che tutti ora conosciamo come Silent Hill 4: The Room. Purtroppo, questa decisione non fu proprio astuta: anche se Team Silent si sforzò in tutti i modi di rendere il quarto capitolo degno della serie, la scelta di rendere l’impronta action una parte dominante allontanò ancora di più i fan della saga. Alla fine, il pubblico non voleva un gioco in cui la paura fosse evidente e le capacità difensive fossero sempre a portata di mano. Silent Hill era proprio l’opposto di tutto questo!
Quindi, anche se la critica in parte apprezzò il lavoro svolto con Silent Hill 4: The Room, i fan finirono per denigrare il titolo, considerandolo uno dei prodotti più deboli della saga. Anche se a distanza di anni Silent Hill 4 è diventato un po’ un culto per molti giocatori, la nomea iniziale non fu ottima. A distanza di poco tempo, infatti, anche Team Silent fu ufficialmente sciolto, decretando la fine di un’epoca sia per Silent Hill che per Konami stessa. Fu proprio in questo momento che Silent Hill stava iniziando a scivolare verso un precipizio senza fondo…
Capitolo 4: caduta libera
Perduta ormai la visione creativa di Team Silent, la saga di Silent Hill era destinata pian piano a scomparire. Tuttavia, il marchio del brand era ancora troppo redditizio per essere lasciato in disparte. Anche se la Konami dell’epoca non era avara come la conosciamo oggi, il pensiero capitalista era ovviamente impresso anche nella mente collettiva di questa azienda. Quindi, non avendo più a portata di mano i creatori di Silent Hill, cosa si poteva fare per portare avanti il brand? Semplicemente, prendere l’I.P. e affidarla a dei team che, alla base, non c’entravano niente con essa.
Inutile ricordare che l’esperimento di Konami fu un fallimento totale. Con queste semplice mosse di marketing, il colosso giapponese non solo affossò la saga di Silent Hill, ma ammazzò anche l’eredità che quelle opere cercarono di lasciare. Homecoming fu il primo passo falso, Downpour il boia che stava per decapitare il progetto e Book of Memories la pietra tombale di Silent Hill. Con poco più di 3 titoli, Konami riuscì ad ammazzare un colosso. Possiamo dare la colpa al periodo storico (nel quale ormai il genere traboccava di roba e cercava nuove strade), possiamo biasimare lo scarso talento di team come Vatra Games (autori di Downpour), possiamo persino tenere in considerazione il fattore “destino”. Ma la verità è che, se la creatività viene ammazzata, l’intera costruzione cade, anche se la base è fatta in cemento armato. Tuttavia, non fu questo il momento più basso per la saga, in quanto i fan e Silent Hill stessa dovevano vivere ancora un po’ per sentire il vero dolore!
Capitolo 5: una fine tragica
Insomma, dopo Book of Memories tutti ci siamo messi l’anima in pace: la nostra amata Silent Hill era solo un ricordo. Nei nostri sogni sentivamo ancora il suo richiamo, ma senza mai trovarlo. Però, prima di affossarla in totalità, Konami ci diede un ultimo barlume di speranza: un barlume chiamato Hideo Kojima!
Nel lontano 2014, con PS4 lanciata da poco più di un anno, i giochi di spessore si contavano sulle dita di una mano. Proprio per questo motivo, ogni demo o progetto a portata del giocatore veniva spulciato e apprezzato. Fu proprio in questo periodo che sullo store PS comparve un misterioso progetto, dal solo titolo “Playable Teaser”. Questo P.T. non si capiva a primo impatto cosa fosse. Anche lo studio dietro era a tutti sconosciuto, e non venne fornito alcun indizio su quel misterioso teaser. Però, grossa fu la nostra sorpresa nello scoprire che P.T. non era altro che la rinascita di Silent Hill!
Ebbene sì! Dopo tanti anni, Konami sembrava aver ascoltato i fan. Per far tornare come si deve il titolo decise di affidare la saga a una delle menti più brillanti del panorama, ovvero Hideo Kojima. Il padre di Metal Gear sapeva già che strada intraprendere e, lungo questo percorso, decise di farsi accompagnare da altri “mostri” dell’industria come Guglielmo Del Toro e Norman Reedus. Kojima non solo voleva farsi aiutare da gente capace, ma sapeva quanto era importante l’elemento psicologico della paura e cosa volevano esattamente i fan di Silent Hill. Inutile negare quanto P.T. fu un successo, alzando fin da subito le aspettative dei fan sulla saga e la speranza di vedere rinascere Silent Hill.
Ma c’è un detto che possiamo applicare qui: “Si dice che dal destino non si può scappare. Abbiamo il dovere di tentare la fuga, ma il risultato finale, purtroppo, sarà sempre lo stesso”. Purtroppo, Silent Hill ancora una volta stava per scontrarsi con un crudele destino: il 16 Marzo 2016, come un fulmine a ciel serene, l’intero mondo videoludico stava per affrontare una notizia monumentale. Quel fatidico giorno scoprimmo ufficialmente che Hideo Kojima sciolse Kojima Productions e che Konami tagliò ufficialmente tutti i ponti col leggendario game designer. A conseguenza di questo evento, l’intero progetto di Silent Hills (nome ufficiale del titolo in questione) fu scartato e in seguito cancellato del tutto. Poco tempo dopo, anche dallo store PS scomparve il tanto amato Playable Teaser, confermando ufficialmente la cancellazione totale del progetto.
Fu così che, durante quel giorno di marzo, Silent Hill morì un’ultima volta… O forse no?
Finale: il ritorno della legenda?
Certe volte, durante il racconto di una storia, capiamo l’esatto momento nel quale un eroe o un cattivo diventano quello che sono. Capiamo le loro ragioni e perché vengono plasmati da esse. Ma molte storie, spesso le più felici, ci mostrano anche cattivi che hanno dei ripensamenti sul cosa sia giusto e cosa invece sia sbagliato. Anche il nostro racconto ci ha portato fortunatamente a un riscontro simile, in quanto Konami sembra aver visto la giusta via! Infatti, dopo anni di mutismo selettivo, mancato ascolto dei propri fan e una morbosa voglia autodistruttiva, il colosso nipponico ha fatto un cambio di rotta quasi a 360°.
Dopo ben 10 anni dall’annuncio del suo ultimo progetto dedicato alla saga di Silent Hill, Konami decide di “liberare dalla gabbia” la sua creatura più leggendaria. Ebbene sì… Dopo tanti anni, Silent Hill sta per tornare, e sembra essere pure in ottima compagnia! Non solo la saga tornerà grazie al remake di uno dei capitoli più iconici, ovvero Silent Hill 2, ma si rinnoverà ed espanderà il suo universo grazie ad Ascension, Project F, Townfall e persino un nuovo film. Di come sia stato possibile il ritorno della saga ve na abbiamo parlato in un questo articolo. Ma basterà questo raggio di sole a far risplendere la luce su Silent Hill, o il destino resterà crudele con la serie e verrà inghiottita dalla nebbia per sempre? Solo il tempo conosce la risposta… Ma questa riamane una storia per un’altra volta!