Manca poco più di un mese all’uscita di Starfield, esclusiva Microsoft di Bethesda che si preannuncia essere la prima vera killer application next gen di Xbox e PC, una killer application gratuita per gli abbonati Game Pass e, soprattutto, single player, in un contesto videoludico che interpreta il media prevalentemente con la filosofia dei “games as a service”.
Annunciato durante l’E3 del 2018, la prima release date di Starfield apparve alla fine del teaser proiettato all’E3 del 2021: 11/11/22, esattamente 11 anni dopo l’iconica data di rilascio di Skyrim (11/11/11). La pubblicazione fu poi rimandata alla prima metà del 2023 ed, infine, al 6 settembre.
Analizzando tutte le informazioni, ufficiali o intuibili, ottenute grazie al trailer, al gameplay trailer, alle interviste rilasciate da Philip Spencer e Todd Howard e al “documentario” Into the Starfield, proviamo a riassumere tutto ciò che sappiamo sul gioco e ad ipotizzare cosa possiamo aspettarci, oggettivamente e soggettivamente.
Cosa sappiamo di Starfield
In Starfield ci ritroveremo catapultati nei “Settled Systems“, distanti 50 anni luce dal nostro Sistema Solare. La storia inizia a New Atlantis, capitale delle Colonie Unite e città più grande mai ideata e sviluppata da Bethesda. Il nostro protagonista verrà invitato ad unirsi al programma di esplorazione spaziale “Constellation”, mentre imperversa la guerra tra le già citate Colonie Unite ed il “Freestar Collective” di Akila City.
Così come in tutti gli altri titoli Bethesda, avremo la possibilità di intraprendere qualsiasi tipo di carriera ci passi per la mente, a partire dal già menzionato esploratore spaziale passando per il militare, il commerciante, il pirata o il costruttore…
Il cuore pulsante dell’opera sembra però essere proprio l’esplorazione e, piaccia o non piaccia, la contemplazione. I pianeti visitabili saranno infatti oltre 1000, ma “solo” il 10% di essi presenterà una flora o una fauna autoctona con cui interagire.
Altri aspetti fondamentali del gioco saranno la personalizzazione, la libertà di approccio, la scelta di un determinato tipo di carattere e l’interazione con gli altri personaggi: Bethesda ha infatti di recente confermato di aver concluso lo sviluppo di tutte le linee di dialogo, le quali saranno più di 250mila, oltre il doppio di quelle presenti in Fallout 4.
Tornerà inoltre l’ormai classico albero delle abilità, e anche il crafting ricorpirà un ruolo fondamentale nel mondo di gioco, all’interno del quale saremo accompagnati da un robot chiamato “Vasco” (i meme qui in Italia si sprecheranno) che fungerà da compagno di viaggio.
Il tutto è stato realizzato con il Creation Engine 2, una versione aggiornata del motore grafico sviluppato da Bethesda e già usato per Skyrim e Fallout 4.
Cosa aspettarsi da Starfield
Uno degli elementi che credo abbia aizzato maggiormente l’hype generale per Starfield è, paradossalmente, l’imperfezione dei trailer. Le animazioni ed i gameplay mostratici da Bethesda fino ad ora sono infatti tutt’altro che perfetti, ma sembrano essere assolutamente “veri” e a prova di delusione, e questo è un elemento fondamentale per evitare catastrofiche delusioni ormai fin troppo comuni nel mondo videoludico.
Tornando al gameplay, abbiamo visto quanto l’interattività con l’ambiente risulti fondamentale (basti pensare alle implicazioni di una diversa forza di gravità per ogni pianeta). Non essendo tale fattore stato in passato una componente core nei titoli Bethesda, un’aggiunta del genere non può che far piacere e ben sperare. Per quel che riguarda invece il livello di difficoltà, stando a quanto affermato in Into the Starfield, esso sarà leggermente superiore rispetto al passato.
Abbiamo inoltre visto quanto sarà importante il crafting e a tal proposito non si può ignorare il ritorno del sistema di costruzione di basi già visto (e dibattuto), in Fallout 4; si spera quindi in un miglioramento di tale aspetto, che potrebbe effettivamente rivelarsi più importante di quanto non si pensi in un’opera che punta a rendere la creativita uno dei veri protagnoisti dell’esperienza.
Per aspera ad astra
Non avendo giocato i Fallout e potendo fare riferimento solo a Skyrim, gli elementi sui quali spero l’esperienza far!a maggiormente leva sono quelli per cui l’ultimo capitolo della saga The Elder Scrolls risulta essere ancora oggi uno dei titoli piu videogiocati in assoluto: la rigiocabilità, le deviaizoni narrative ed esplorative inaspettate, la lore….
Al contrario, spero che il personaggio da noi creato non sia un predestinato “Dragonborn”, bensì un comune e minuscolo umano alla ricerca della propria strada e del proprio posto nell’infinito universo.
Mi aspetto inoltre un sistema di moralità per lo meno implicito e, soprattutto, un progress design ben congegnato; ogni pianeta avrà infatti un proprio livello di difficoltà e non è chiaro se sarà possibile decidere l’ordine di esplorazione a proprio piacimento fin da subito o se i limiti della nostra astronave o, appunto, la difficoltà troppo alta ci obbligherà a procedere seguendo un deterimanto pattern.
Spero infine che Bethesda abbia fatto tesoro dei videogiochi fantascientifici affini a Starfield (penso a Mass Effect, a No Man’s Sky, ad Elite Dangerous…) per ereditarne i pregi migliori ed evitarne i difetti e, infine, a causa di un’ossessione personale, spero con tutto il cuore che avremo la possibilità di imbatterci negli oggetti astronomici piu misteriosi ed affascinanti dell’universo: i buchi neri.
Per quel che riguarda la presenza di specie aliene senzienti, non sappiamo ancora nulla al riguardo, se non che buona parte della main quest si baserà sul ritrovamento di un misterioso manufatto che potrebbe lasciar spazio all’immaginazione in tal senso. D’altronde, alla domanda “siamo soli nell’universo?”, sia una risposta affermativa che una negativa risulterebbero spaventose allo stesso modo.
Verso l’infinito e oltre
Insomma, se Starfield riuscirà a portare nelle nostre case tutto quello che ci ha promesso, con un gameplay appagante ed un comparto tecnico soddisfacente, non posso non immaginare uno scenario nel quale tra 11 anni ci ritroveremo ad esplorare ancora il suo universo, cosi come è accaduto con Skyrim.
Sono previsti DLC, il primo dei quali compreso nella Constellation Edition, mentre per quel che riguarda i dubbi che maggiormente mi attanagliano non posso non citare un combattimento corpo a corpo all’apparenza abbastanza legnoso, delle animazioni facciali “vecchie” ed un’accuratezza fisica ed astrofisica che dovrà rappresentare i veri pilastri su cui poggerà l’intera opera.
Ad ogni modo, faccio fatica a non vedere il prossimo titolo di Bethesda come il principale candidato a Game of the Year, assieme ovviamente a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.