Red Matter 2 ha insegnato agli appassionati della realtà virtuale che i rompicapo possono essere tra i migliori giochi VR, se combinati a un comparto tecnico d’eccezione e ad una storia coinvolgente. Al contempo, Shores of Loci con i suoi diorama ha dimostrato che la semplicità può essere l’elemento vincente nella realizzazione di un’esperienza unica, unendo suoni e ambientazioni da sogno in un pacchetto non estasiante ma efficace. Unbinary come si pone in questo genere?
Arrivato su Quest 2 nel febbraio del 2022, con un recente aggiornamento ha visto l’implementazione di importanti migliorie ai controlli e al movimento, oltre all’aggiunta della lingua italiana. Vediamo dunque cosa ci offre Ludact, team di sviluppatori brasiliano vincitore di un NYX Game Award, nella recensione di Unbinary.
Meravigliosi disegni a mano
Si suole dire che l’occhio vuole la sua parte: in questo caso, viene soddisfatto degnamente. Il più grande fascino di Unbinary sta proprio nell’estetica, dati i disegni realizzati completamente a mano sfruttando Oculus Quill. Si tratta di una scommessa, di un esperimento rivelatosi vincente per la giovane software house sudamericana. Nonostante gli ambienti pecchino di importanti dettagli, pareti e oggetti appaiono ai nostri occhi in risalto nel loro aspetto abbozzato ma decisamente pulito. La tavolozza di colori e i tocchi dei pennelli realizzano stanze in fondo spoglie, forse piatte, ma pronte a lasciare un piacevole ricordo nel giocatore, immerso in un cartone sci-fi.
A quello che, in fondo, è un eccellente design, si uniscono dunque robot a dir poco adorabili, dalle animazioni che potrebbero apparire spartane ma si incastrano perfettamente con l’aspetto del titolo. Il pregio di Unbinary è quello di essere unico nel suo genere, ed è innegabile, pure nelle criticità: in più circostanze gli scenari sono esageratamente vuoti, si presentano senza personaggi, oggetti o enigmi che catturano l’occhio e la mente. In assenza di indicazioni e stimoli, ad aiutarci è l’effettiva linearità del gioco.
Enigmi ben costruiti ma semplici, fin troppo
Essenzialmente, Unbinary è la tipica simulazione di escape room con un contorno narrativo elementare e logico. Il nostro compito è semplice: dobbiamo completare una moltitudine di test concepiti per conto di Webby, l’intelligenza artificiale nostra guida, al fine di eliminare potenziali anomalie che potrebbero impedirle di portare a termine i suoi compiti. Nelle nostre mansioni dovremo rispondere a quesiti maturi, riguardanti l’identità personale e la necessità di indossare maschere per vivere nella società odierna. Il tutto traspare dalla necessità di cambiare abilità vestendo i panni di robot differenti, ciascuno con le sue abilità, una soluzione efficiente che offre più ricchezza a un progetto altrimenti spoglio.
I 22 livelli da superare seguono una progressione naturale, cominciando da proposte francamente troppo facili e arrivando a enigmi più complessi. Sfortunatamente, non attraggono affatto il giocatore: pur essendo ben costruiti, i rompicapi sono generalmente piccoli e ovvi, dalla limitata interattività ambientale e senza elementi che turbano e confondono al punto tale da alimentare la voglia di risolvere ad ogni costo il problema. Lo schema, difatti, resta quasi sempre il medesimo: per risolvere un puzzle bisogna passare da una maschera all’altra, ergo da un robot a un altro, combinando le rispettive abilità in un determinato ordine. Nulla di più, nulla di meno. Mancano elementi nascosti, stimoli aggiuntivi o altri dettagli che mutano radicalmente le condizioni di risoluzione degli enigmi.
L’esagerata fluidità di questi ultimi si sposa con l’estetica, apparendo come un puzzle game per adolescenti, ma si trova in netto contrasto con la complessità di fondo del tema, più vicino ai giovani adulti. Il risultato finale è un progetto breve e intenso solo all’apparenza: bastano due ore circa per superare la campagna e, dopo di esse, la rigiocabilità è nulla.
L’armonia di Unbinary
Nonostante la leggerezza dell’esperienza, ludicamente parlando, Unbinary si manifesta ora in uno stato decisamente armonioso. I sistemi di controllo ora sono scorrevoli e non limitano più la visuale a movimenti repentini, permettendo così di giocare sia da seduti che in piedi senza troppi problemi. La colonna sonora aiuta anch’essa nella definizione della stessa armonia: i suoni ambientali si adattano perfettamente alle aree in cui ci si trova grazie a rumori posti intelligentemente, senza risultare eccessivi o noiosi. Niente di maestoso, sia chiaro, ma sempre coerente con i dintorni.
Il risultato finale è bizzarro nella sia bellezza: la storia non coinvolge e gli eventi si susseguono con un ordine forse strampalato, mentre gli enigmi sono insipidi. Tuttavia, l’animo resta infine soddisfatto dal modesto fascino generato dai disegni, uniti sapientemente alla musica. In definitiva, Unbinary è un puzzle game per realtà virtuale apprezzabile, non meraviglioso nell’insieme dei suoi elementi, ma decisamente un’aggiunta gradita a un genere che in VR continua a sorprendere.
La recensione in breve
Nella sua stupefacente estetica, Unbinary non riesce a convincere a pieno. Il contrasto eccessivo tra la squisitezza dei semplici disegni e la banalità dei lineari enigmi non è tanto una delusione, quanto simbolo di un’occasione mancata. Una spinta ulteriore nel comparto narrativo avrebbe aiutato i giovani sviluppatori brasiliani a lasciare un vero segno nel genere dei puzzle game per VR.
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Voto GamesEvolution