Affilate le lame: Koei Tecmo e Electronic Arts ci portano alla scoperta di un mondo selvaggio popolato da creature colossali assetate di sangue. Se non sapete che cosa aspettarvi, addentratevi in questa recensione di Wild Hearts, nuovo progetto dell’etichetta EA Originals, ideata dal colosso statunitense specificamente per supportare e finanziare la creazione di esperienze fresche, nuove e memorabili, si pone un obiettivo alquanto ambizioso: quello di presentarsi al grande pubblico come un’interpretazione alternativa delle meccaniche alla base di una delle serie più amate (e vendute, ndR) dell’intera industria.
La nuova via di Wild Hearts
Sia chiaro: che lo sfolgorante successo planetario della serie di Monster Hunter avrebbe, prima o poi, ispirato diversi studi di sviluppo provenienti da ogni parte del mondo a cimentarsi nel tentativo di replicarne la straordinaria ricetta di gameplay, era quantomeno preventivabile.
Negli scorsi anni, in effetti, diversi titoli sono riusciti a proporre una propria rivisitazione dell’arcinota struttura degli Action RPG di casa Capcom, con risultati più o meno apprezzabili, ma che, purtroppo, non si sono mai nemmeno avvicinati alle vette di grandezza raggiunte, in modo particolare, dalle ultime iterazioni del brand di riferimento.
Ma che a riuscire nell’impresa sarebbe stata proprio Omega Force, la branca di Koei Tecmo salita agli onori della cronaca per l’immortale serie di Dynasty Warriors e genitrice del genere ‘musou’, siamo sicuri, nessuno ci avrebbe scommesso.
Come ha fatto uno studio conosciuto per una saga di videogiochi basati principalmente sul button mashing selvaggio ad assimilare, comprendere appieno e reinterpretare così bene uno dei sistemi di combattimento più raffinati, riconoscibili e apprezzati della storia recente del nostro medium preferito? La risposta, come dicevamo, è Wild Hearts, la nuova fatica del team capitanato da Takuto Edagawa e Kotaro Hirata che ci trasporta in un universo antico, inospitale e infestato da creature mastodontiche dall’indole… piuttosto aggressiva! Avrete le carte in regola per affrontare la natura selvaggia e portare a casa la pelle?
Minato: eroe cercasi
Nei panni di un anonimo Cacciatore proveniente da una terra lontana ci troveremo ben presto alle porte di Minato, un villaggio pacifico nella regione di Azuma, la cui sopravvivenza è costantemente minacciata dalla presenza dei Kemono, mostri dalle dimensioni gargantuesche la cui furia primordiale risale alla notte dei tempi e la cui brutalità non sembra poter essere arginata nemmeno dai guerrieri più potenti della nazione. Questi ultimi incarnano l’implacabile forza della natura e dei suoi elementi, al punto da riuscire a manipolare materialmente l’ambiente circostante per adattarlo alle proprie necessità di caccia, crescita ed evoluzione. Insomma, si tratta di entità dal potere smisurato che è necessario approcciare con la dovuta cautela, per evitare di essere eliminati in pochi colpi.
L’arrivo del nostro Cacciatore, un combattente provetto in fuga da una misteriosa guerra che sta distruggendo la sua terra natale, rappresenta il primo raggio di speranza per la gente di Minato che, per la prima volta nella sua storia, vede la possibilità concreta di liberarsi dalla morsa opprimente dei Kemono.
Inizia qui il nostro viaggio tra le regioni che compongono il regno di Azuma, una lunga epopea in cui dovremo farci strada tra le fameliche belve che si aggirano tra boschi, montagne e pianure potendo contare solo sulla nostra maestria nel combattimento all’arma bianca.
Ovviamente, come di consueto, la trama alla base di Wild Hearts non è che un pretesto per lanciare il giocatore nelle feroci battaglie proposte dal titolo di Omega Force, sia in solitario che in compagnia di altri tre utenti connessi ai server di gioco. Non aspettatevi una storia complessa o ricca di colpi di scena, dunque: il cuore dell’esperienza voluta dallo sviluppatore nipponico, semplicemente, è da ricercarsi altrove.
Armati per cacciare, caccia per armarti
Sotto il profilo prettamente ludico, come vi anticipavamo, Wild Hearts ricalca molto da vicino la ricetta che ha reso grande la serie di Monster Hunter ma non rinuncia ad applicare qualche gustosa e inedita modifica che rende l’esperienza addirittura più dinamica e, a tratti, galvanizzante rispetto a quella del suo illustre ‘progenitore’.
Intendiamoci: il ciclo di gameplay è mutuato direttamente dalla serie di Capcom ed è rimasto pressoché invariato. Il villaggio di Minato funge da centro nevralgico delle operazioni e consentirà ai giocatori di accettare nuove missioni, rispondere alle richieste degli abitanti, acquistare oggetti utili ai fini della caccia o forgiare nuove armi e armature. Una volta ultimato l’equipaggiamento e raccolti gli strumenti giusti, si può partire alla volta di una delle zone di caccia che costituiscono il mondo di Azuma tentando di portare a termine i compiti senza essere abbattuti più di tre volte. Tutto già visto, già sentito, in fondo.
La brillante intuizione del team di Omega Force, tuttavia, è stata quella di riproporre il sistema di gioco e il combattimento in modo quasi pedissequo declinandolo secondo una propria visione personale e aggiungendo alcuni ingredienti che finiscono per arricchire la formula senza necessariamente stravolgerla.
I Kemono, tanto per cominciare, pur reiterando nella maggior parte dei casi il comportamento e le tecniche offensive dei mostri protagonisti della serie Monster Hunter, se ne distaccano vistosamente per ispirazione. Gli avversari che incontreremo in Wild Hearts, infatti, ricordano molto di più semplici animali ingigantiti, incattiviti e potenziati in modo spropositato da una comunione materiale e spirituale con la forza della natura.
Ecco, dunque, che è facile incontrare giganteschi lupi che presentano una corazza di ghiaccio appuntita sul dorso oppure mastodontici ratti ricoperti di spore fungine oppure, ancora, enormi cinghiali ricoperti della tipica corteccia delle querce. Oltre all’eccellente direzione artistica, ognuno di essi è dotato di poteri, proprietà e mosse uniche che è bene valutare attentamente per non finire annichiliti nel giro di pochi secondi: i Kemono di Wild Hearts picchiano veramente durissimo.
Se dovessimo trovare un difetto nelle loro routine comportamentali, durante i combattimenti, diremmo che si nota eccessivamente come i mostri riescano sempre a tenere fin troppo bene traccia dei nostri movimenti rendendo parecchio difficile schivare determinati attacchi anche agendo con un certo tempismo. Niente di davvero debilitante, sia chiaro, ma è comunque un difetto che vale la pena segnalare.
Per affrontarli, naturalmente, avremo a disposizione un vasto arsenale di armi che spaziano dalla fulminea katana al pesante spadone nodachi, dall’arco utile per combattere mantenendo le distanze alla devastante mazza passando per un paio di altre sorprese che preferiamo non anticiparvi ma che, possiamo dirlo da subito, aggiungono ulteriore complessità alle opzioni offensive del nostro personale Cacciatore.
Presso la fucina, come tradizione vuole, è possibile modificare ciascuna delle armi in modo da potenziare le statistiche di danno o aggiungere effetti elementali utili a sfruttare le debolezze dei nemici, il tutto in cambio di risorse ottenibili sul campo di battaglia e dopo aver eliminato i Kemono più potenti.
Anche le armature, dal canto loro, possono essere forgiate spendendo materiali ricavati dalle corazze dei mostri ed ognuna è dotata di peculiari abilità passive utili ad adattare l’alter-ego virtuale al nostro personalissimo sistema di combattimento ma, soprattutto, saranno necessarie per permettere al protagonista di assorbire quantitativi di danni maggiori prima di capitolare.
Karakuri: i nostri nuovi migliori amici
È un loop di gameplay che funziona, diverte e soddisfa, in modo quasi del tutto analogo a quello della serie a cui si ispira ma, come accennavamo poco più sopra, Omega Force non si è limitata ad omaggiare Monster Hunter, ha voluto anche introdurre qualche elemento ludico del tutto originale che, a ben vedere, rappresenta anche la reale punta di diamante del sistema di combattimento di Wild Hearts: i Karakuri.
Questi ultimi sono strumenti di caccia che affondano le proprie radici nella più antica tradizione di Azuma e possono essere impiegati dal Cacciatore per navigare rapidamente tra gli ambienti di gioco, per ottenere supporto durante le battaglie o addirittura per moltiplicare i danni inflitti agli avversari.
Tramite intuitive combinazioni di tasti, infatti, è possibile evocare rapidamente pedane a molla utili per coprire in modo fulmineo lunghi tragitti, casse capaci di proiettare il nostro personaggio verso il cielo e farlo piombare a sorpresa sui Kemono, torce utili ad applicare l’elemento fuoco alle lame o l’aliante per planare dalle posizioni più elevate.
Come se non bastasse, i Karakuri semplici possono essere combinati tra loro per ottenere strumenti ancora più potenti come il Baluardo (un muro di legno capace di arrestare le cariche dei mostri e stordirli brevemente), il Frantumatore (un martello a molla capace di infliggere danni notevoli) o la Bomba degli Astri (utile per fare schiantare al suolo i Kemono volanti).
L’introduzione dei Karakuri si amalgama perfettamente nella struttura ludica di Wild Hearts ed è stata implementata alla perfezione dal team di Omega Force che, in questo modo, ha potuto ampliare sensibilmente il ventaglio di opzioni offerte al giocatore: vi ritroverete in men che non si dica a utilizzarli istintivamente sia per imbastire articolati pattern di attacco che manovre elusive repentine per sfuggire alle mosse più pericolose dei Kemono.
Tecnicamente parlando
Sotto il profilo tecnico, Wild Hearts è stato sviluppato sulla base dell’engine proprietario di Omega Force, il sempreverde Katana Engine, che riesce a gestire senza particolari problemi le stragrande maggioranza delle situazioni di battaglia, anche le più concitate, al netto di qualche piccola, sporadica incertezza che comunque non pregiudica la godibilità complessiva del prodotto.
Nota di merito per la direzione artistica del mondo di gioco, visibilmente ispirato alle atmosfere e alle architetture tipiche del giappone feudale, seppure reinterpretato in una gradevole chiave fantasy.
Ottimi, come dicevamo, anche i modelli dei personaggi e, in misura ancora maggiore, dei famelici Kemono, tutti realizzati e animati con dovizia di particolari.
Consulta anche le nostre guide su Wild Hearts sulle migliori armi e le migliori armature.
La recensione in breve
Wild Hearts è il primo titolo che, pur non portando stampato in copertina il nome 'Monster Hunter', riesce a mutuarne correttamente i tratti distintivi e a tradurli in una formula che funziona in ogni sua parte. Già dai primi passi nella regione di Azuma, il nuovo progetto di Omega Force risulterà subito familiare ai fan della leggendaria serie Capcom che, comunque, dovranno fare i conti con alcuni elementi di gameplay del tutto inediti che riescono ad arricchirne ulteriormente l'esperienza.
Wild Hearts ha letteralmente trasceso ogni nostra aspettativa siamo sicuri che sarà capace di fare lo stesso anche con voi, che siate fan sfegatati di Monster Hunter come noi o meno.
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Voto GamesEvolution