La fantascienza è un genere che si basa su fantasie narrative derivanti da questioni culturali e sociali e riflessioni scientifiche e filosofiche in grado di intrattenere il pubblico stimolandone l’immaginazione e invitandolo alla contemplazione.
Così come l’horror e il fantasy, la fantascienza è un genere narrativo che lascia grande libertà all’autore, il quale può decidere di rendere la propria storia scientificamente verosimile, di creare un mondo che viola ogni legge della fisica o di fare entrambe le cose, ed è proprio per questo che il media videoludico è così efficace nel realizzare gli infiniti scenari della “science fiction”.
Unendo narrativa, musica, atmosfera e immedesimazione, i videogiochi fantascientifici ci hanno sempre regalato una grande varietà di situazioni e, in tal senso, Starfield ne è un’ulteriore dimostrazione.
Andiamo quindi ad analizzare, in base al tipo di esperienza regalataci (e a prescindere dal sottogenere di appartenenza e dalle tematiche sviluppate), alcuni dei titoli che ci hanno dato prova di quanto la libertà creativa che caratterizza la fantascienza si sposi bene con il nostro media preferito.
È importante specificare che, se una delle opere che vi sono rimaste nel cuore non verrà menzionata in questo approfondimento, ciò non significa che non sia stata ritenuta valida, ma che potrebbe non esser stata inserita per mancanza di spazio, perché non ancora recuperata o perché appartenente a più generi e quindi non considerabile completamente sci-fi.
La fantascienza di Starfield
L’ultima fatica di Bethesda dimostra l’efficacia di una delle possibili strade percorribili quando si decide di realizzare un videgioco fantascientifico utilizzando una formula storica e ben strutturata: quella dell’open world a compartimenti stagni, ricco di quest secondarie spesso e volentieri profonde, coinvolgenti e divertenti tanto quanto quella principale, se non di più.
Se infatti in Starfield l’esplorazione spaziale non si è dimostrata essere un elemento così centrale, le cose cambiano quando ci si concentra sulla credbilità dell’universo di gioco e sul numero di possibilità (narrative e di gameplay) messe a disposizione del giocatore, caratteristiche che rappresentano il cuore pulsante e il maggior punto di forza del titolo, il quale sviluppa tematiche morali e antropologiche tipiche del genere sci-fi, come l’abbandono del proprio pianeta madre in favore di una colonizzazione spaziale, la nascita di nuove fazioni e religioni, la gestione della sicurezza e della privacy e il confronto con specie e “artefatti” provenienti dallo spazio profondo…
Da questo punto di vista, Starfield è un videogioco che sazia, che soddisfa e stuzzica l’immaginazione del pubblico attraverso una varietà di scenari tipici (e non solo) della science fiction.
Se ti sta piacendo Starfield…
Potrà sembrare banale, ma se state apprezzando Starfield (e soprattutto se lo state apprezzando a prescindere dal genere di appartenenza) il miglior consiglio che vi si possa dare è quello di recuperare gli altri titoli di Bethesda, e in particolare Fallout 3, Fallout 4, The Elder Scrolls V: Skyrim, Fallout: New Vegas e… The Outer Worlds. Nonostante il nome, infatti, Fallout: New Vegas è stato sviluppato da Obsidian Entertainment, gli stessi sviluppatori, appunto, di The Outer Worlds, RPG sci-fi del 2019 dalla formula pressoché identica a quella bethesdiana.
Un’altra opera con la quale Starfield è stata confrontata più volte in questi giorni è Cyberpunk 2077, ultima fatica di CD Projekt RED, prossima a ricevere l’espansione Phantom Liberty e in netta ripresa di critica e vendite dopo il disastroso lancio del 2020. Cyberpunk è un RPG, appunto, cyberpunk, caratterizzato da una struttura simile in quanto a quest ed esperienza di gioco a quella di Starfield e che si confronta con diverse tematiche tipiche della fantascienza, come quella del transumanesimo.
Ultima, ma non per importanza, la saga che più di tutte va consigliata nel caso in cui desideriate vivere l’avventura sci-fi per eccellenza, ossia Mass Effect, capolavoro di BioWare che, con la sua uscita nel 2007, regalò a milioni di videogiocatori in tutto il mondo l’esperienza videoludica fantascientifica per eccellenza, mantenendo l’incredibile livello qualitativo anche con i 2 sequel e con i vari DLC rilasciati nel corso degli anni.
Sci-fi in solitaria
Se invece siete alla ricerca di videogiochi fantascientifici più lineari e intensi, Dead Space è sicuramente il primo da dover recuperare. Più horror che sci-fi, la saga di Dead Space regala emozioni in parte simili a quelle che si possono provare leggendo i racconti di Lovecraft: un senso di dispersione, solitudine e impotenza derivante da una minaccia misteriosa e incomprensibile. Con una storia coinvolgente, un protagonista memorabile, atmosfere uniche e un gameplay action/survival in terza persona, Dead Space risulta essere ancora oggi una perla più unica che rara, in grado a distanza di anni di farci dormire sonni tutt’altro che tranquilli.
Cambiando totalmente tematiche e sottogenere, un titolo che non si può non menzionare in questo contesto è Detroit: Become Human. Avventura interattiva della specializzata Quantic Dream, Detroit è un’esprienza solida e coinvolgente, che affronta grandi dilemmi morali tipici della sci-fi come il confronto con l’intelligenza artificiale con un tocco autoriale profondo e tutt’altro che scontato.
Se invece siete amanti degli sparatutto, non mi stupirei di una denuncia nel caso in cui non fosse presente un paragrafo dedicato alla saga che a partire dal 2001 ha cambiato il modo di interpretare il genere e il sottogenere in questo media: mi riferisco, ovviamente, ad Halo, e in partciolare alla trilogia di Bungie Studios (con menzione d’onore per il meraviglioso Halo: Reach di 343 Industries). Con un worldbuilding solido e immersivo, un protagonista divenuto una vera e propria icona videoludica, un gameplay innovativo e frenetico, un comparto tecnico mozzafiato e una colonna sonora memorabile, Halo è senza ombra di dubbio una delle opere più importanti della storia dei videogiochi, e probabilmente la più importante in assoluto quando si parla di fantascienza videoludica.
Esplorando l’universo
Per molti videogiocatori l’elemento che fa la differenza in un videogioco sci-fi è l’esplorazione spaziale, in solitaria o in compagnia. Tra i vari esponenti di questo tipo di esperienza la coppia che al giorno d’oggi, in seguito ad un percorso travagliato e caratterizzato da un continuo arricchimento dell’opera, intraprendendo una sorta di cammino di redenzione, è quella composta da No Man’s Sky ed Elite: Dangerous. Entrambi i titoli fanno dell’esplorazione, della creatività e della libertà d’azione i loro punti di forza e mentre NMS punta ad un gameplay più arcade, ED pende maggiormente verso la simulazione spaziale, proponendo un’avventura che richiede impegno e dedizione per essere apprezzata al massimo.
Innovazione e fantascienza videoludica
Senza scomodare mostri sacri dell’innovazione videoludica come Half-Life e Portal, c’è un altro titolo che in tempi recenti ci ha dimostrato quanto il genere fantascientifico possa essere usato come motore per percorrere nuove strade in questo media, così come fecero i due capolavori appena citati, e il titolo in questione è Outer Wilds. Scrivere di Outer Wilds in poche righe è impossibile, non solo perché per spiegare quanto sia importante per il genere e per il media l’esperienza che ci hanno regalato Mobius Digital e Annapurna Interactive non basterebbe un intero articolo di approfondimento, ma anche e soprattutto perché ogni singola informazione fornita ad un videogiocatore con lo scopo di convicerlo a recuperare tale capolavoro rappresenterebbe una privazione della narrazione e della sorpresa attorno alla quale si sviluppa tutta la storia (e il gameplay…) dell’opera.
Un microsistema perfetto, una realizzazione originale e geniale, un’avventura accompagnata da una colonna sonora riconoscibile e d’atmosfera come non se ne sentivano da anni… ed emozioni così forti e profonde da rimanere impresse nel cuore e nell’anima a vita; Outer Wilds è la massima espressione della fantascienza videoludica, e non si fatica a considerarlo come un faro che indica la via verso il futuro di questo concetto videoludico e dei videogiochi in generale.